Mercoledì 24 Aprile 2024

Nuovo Codice degli appalti 2023: che cosa cambia

Entrerà in vigore dal 1° gennaio 2024. Secondo il Mit si andranno a risparmiare "dai sei mesi ad un anno, grazie innanzitutto alla digitalizzazione delle procedure"

Roma, 29 marzo 2023 - Massima tempestività e maggior fiducia a imprese e sindaci: questi due dei principali punti cardine del nuovo Codice degli appalti, anche denominato Codice Salvini, approvato in Consiglio dei ministri, rivisto e integrato alla luce delle osservazioni delle commissioni parlamentari. Il Codice procede nella direzione della “semplificazione, sburocratizzazione delle procedure e liberalizzazione”, come si legge in una nota del ministero delle Infrastrutture. Secondo il dicastero si andranno a risparmiare "dai sei mesi ad un anno, grazie innanzitutto alla digitalizzazione delle procedure" che sarà in vigore dal 1° gennaio 2024.

Uno dei dossier più significativi che hanno impegnato il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, in questi primi mesi di governo. Comporterà cambiamenti concreti e decisivi, con snellimento e velocizzazione delle procedure. Lo indica una nota del Mit. Il codice degli appalti si somma ad altri interventi significativi, come il Decreto Ponte.

Il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini
Il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini

Vediamo ora quali sono i cambiamenti importati dal Nuovo codice degli appalti

Tempi brevi e digitalizzazione

Per fare una gara si risparmieranno dai sei mesi a un anno, grazie innanzitutto alla digitalizzazione delle procedure, in vigore dal 1° gennaio 2024. Per tenere traccia delle aziende coinvolte una banca dati “conterrà le informazioni relative alle imprese, una sorta di carta d’identità digitale, consultabile sempre, senza che sia necessario per chi partecipa alle gare presentare di volta in volta plichi di documentazione, con notevoli risparmi di costi e soprattutto di carta”.  

Il dissenso costruttivo

Una importante innovazione riguarda l’introduzione del dissenso costruttivo per superare gli stop degli appalti quando è coinvolta una pluralità di soggetti”. Viene attribuito all’ente che esprime il proprio dissenso in sede di conferenza di servizi, l’onere di motivare e di fornire una soluzione alternativa. “Anche la valutazione dell’interesse archeologico – aggiunge il Ministero -, il cui iter, spesso lungo e articolato, rischia di frenare gli appalti, dovrà essere svolta contestualmente alle procedure di approvazione del progetto, in modo da non incidere sul cronoprogramma dell’opera”.

Liberalizzazione sottosoglia

Una novità è la liberalizzazione sottosoglia: ciò significa che per gli appalti fino a 5,3 milioni potranno esserci affidamenti diretti, “le stazioni appaltanti potranno decidere di attivare procedure negoziate o affidamenti diretti, rispettando il principio della rotazione”, spiega il Ministero. Fino a 150mila euro si può procedere con affidamento diretto, poi fino a 1 milione la procedura negoziata senza bando invitando 5 imprese, numero che sale a 10 per i lavori sotto la soglia Ue di 5,38 milioni. La gara vera e propria, quindi, resta una possibilità residuale per l’ultima fascia di lavori, quelli più ricchi.

A sostegno dei piccoli comuni

Il fatto che le piccole stazioni appaltanti possano procedere senza passare per stazioni qualificate, fa si che le procedure divengano più agevoli e celeri soprattutto per i piccoli comuni “che necessitano di lavori di lieve entità, ma dalla grande importanza per la vivibilità dei luoghi e il benessere delle proprie comunità”. Diversamente, per le realtà più ampie come i grandi comuni, i capoluoghi di regione o le città metropolitane si prevede che passino automaticamente per stazioni appaltanti qualificate, con una verifica annuale in alcuni casi.

Introdotto l’appalto integrato

Prima vietato, ora una delle prerogative del nuovo Codice è l’appalto integrato, ossia l’affidamento della progettazione e dell’esecuzione dei lavori allo stesso operatore economico. Nasce con lo scopo di accelerare il procedimento di aggiudicazione dei lavori e, allo stesso tempo, garantirne l’esecuzione corretta sulla base di tecniche-operative avanzate dall’impresa appaltatrice.

Salvaguardia del Made in Italy

Il governo inserisce tra i criteri premiali di valutazione dell’offerta il “valore percentuale dei prodotti originari italiani o dei paesi UE, rispetto al totale”. In sostanza viene premiato il “Made in Italy” e il “Made in UE”, per tutelare le aziende italiane ed europee dalla concorrenza dei Paesi terzi.

Illecito professionale

Non manca la delicata questione dell’illecito professionale: nella riformulazione del codice il governo ha provveduto a una “razionalizzazione e semplificazione delle cause di esclusione, anche attraverso una maggiore tipizzazione delle fattispecie”. In particolare, per alcuni tipi di reato, l’illecito professionale può essere fatto valere solo a seguito di condanna definitiva, condanna di primo grado o in presenza di misure cautelari. Insomma, gli amministratori dovrebbero sentirsi maggiormente sicuri nel firmare gli atti per le opere infrastrutturali.

Niente gara per il 98% dei lavori pubblici

Con le nuove norme il 98% dei lavori pubblici sarà senza gara. Si parla di un mercato di 18,9 miliardi all’anno. Il calcolo deriva dal fatto che delle 62.812 procedure per l’assegnazione di lavori pubblici del 2021 il 98,27% era sotto i cinque milioni di euro. La stessa soglia scelta per il nuovo codice degli appalti pubblici.   

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