ESTRARRE PRODOTTI naturali dalle risorse che altrimenti non verrebbero utilizzate. Farlo nell’ottica dell’economia circolare, in modo sostenibile, senza inquinare. Prendete ad esempio una buccia d’arancia. O di melagrana, con anche tutti i semi che ha all’interno. Ecco, grazie alle ricerche del Cnr e al brevetto della startup toscana HyRes, utilizzando una tecnologia abilitante basata sulla cavitazione idrodinamica controllata, i principi attivi vengono recuperati. "Così diciamo basta agli sprechi immensi", spiega Francesco Meneguzzo (nella foto sopra) del Cnr – Consiglio nazionale delle ricerche –. Insieme a Lorenzo Albanese e Mauro Centritto ha inventato questo processo. Poi Luca Tagliavento, ex studente Luiss, ha deciso di brevettarlo, creando la startup HyRes nel febbraio del 2022, operante a Firenze.
La tecnologia punta così allo sviluppo industriale e alla transizione ecologica, con l’obiettivo di arrivare sempre di più a collaborare con le grandi aziende. Nello specifico si occupa di estrazione dei prodotti naturali dalle risorse, non solo alimentari come melagrane, arance, mele e mandorle, ma anche sui sottoprodotti forestali ottenendo l’estratto di castagno o sfruttando il taglio degli abeti bianchi e rossi. La finalità è quindi quella di avere una economia circolare, utilizzando i sottoprodotti ed estraendo nutrienti che altrimenti andrebbero persi. Meneguzzo, ricercatore del Cnr, fisico di formazione si è occupato, in passato, di meteorologia ed è uno degli specialisti a livello nazionale di politiche energetiche, con innovazioni soprattutto nel settore agro-alimentare, con particolare riferimento all’estrazione verde dai prodotti naturali. Un bagaglio che ha così messo a disposizione di HyRes, guidata da Luca Tagliavento.
"Cerchiamo di valorizzare il processo che Meneguzzo, Albanese e Centritto hanno inventato. Basiamo il nostro progetto sull’economia circolare in termini di risorse, ovvero usare quelle che sono le risorse sottoutilizzate – prosegue Tagliavento (nella foto sotto). Non solo alimentari come frutta e verdura, ma provenienti anche dal settore agricolo. Tutte materie prima che oggi sono un costo per le imprese. Quindi ci proponiamo come tecnologia abilitante al riutilizzo di queste risorse. E lo facciamo in modo sostenibile, senza inquinare, ottenendo prodotti destinati a campi applicativi che variano dall’alimentare, alla nutraceutica (integratori), passando per la cosmetica, la farmaceutica e la nutrizione alimentare animale (supplementazione dei mangimi), ma anche alla bio stimolazione di piante di pregio. Quest’ultima applicazione l’abbiamo verificata con il Cnr di Palermo per favorire gli agricoltori siciliani".
La startup quindi funziona come un vero e proprio collante tra la ricerca e l’industria. Un anello di congiunzione, una cinghia di trasmissione, che permette di raggiungere tutti. "Ma è molto importante avere un contesto istituzionale favorevole che possa sostenere la progettualità – prosegue Tagliavento –. Significa che gli enti di ricerca possono lavorare e collaborare con le aziende. Da startup ci proponiamo come dispositivo per favorire la connessione tra ricerca e aziende, sia grandi che Pmi. Così il trasferimento della conoscenza può diventare efficiente, efficace ed economico e produrre un valore aggiunto all’azienda finale. Si tratta di un meccanismo fatto di tanti ingranaggi, che se oliati dai sostegni del sistema pubblico, possono aiutare a fare sempre di più".
Un filone e una organizzazione che sono anche nello spirito di Meneguzzo. "Le startup sono società private molto utili al Cnr. Colmano quello spazio che c’è tra la ricerca e l’industria e la successiva applicazione nel commerciale. HyRes opera nel campo della trasformazione dei prodotti naturali e nella loro valorizzazione. Come core business hanno i sottoprodotti di riferimento vegetali e portano soluzioni molto avanzate all’industria, stando sulle spalle della ricerca svolta qui al Cnr. Bisogna riconoscere che una start up da sola è limitata perché spesso le manca la parte di ricerca. Per questo abbiamo sviluppato questo modello di confronto continuo. Acquisiamo progetti congiunti, anche con altri enti di ricerca e con vari dipartimenti universitari, come nel caso del dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa e con la Fondazione trentina Edmund Mach".
Poi, un caso specifico di valorizzazione della frutta, come la melagrana. "Buccia e semi rappresentano il 60% del frutto. Uno spreco immenso con una grande perdita di importanti nutrienti. Per questo è dal 2010 che lavoriamo su tecnologie e progetti con la cavitazione idrodinamica controllata. Un fenomeno negativo in nautica per la corrosione delle eliche. Ma in realtà controllandola consente di concentrare energia. In questo modo abbiamo inventato un modo per regolare la forma e la dimensione del reattore di cavitazione. E le destinazioni sono infinite, dalla depurazione delle acque, all’estrazione di composti bioattivi. Abbiamo anche applicato alla produzione del latte di mandorla, utilizzando il frutto e il guscio che contiene molti principi attivi. E poi sui sottoprodotti forestali, come gli scarti di segheria del castagno, ottenendo un estratto versatile in numerosi ambiti. Ma anche dal taglio di abeti bianco e rossi si ottengono prodotti pregiati". Oltre alla bio-economia, la frontiera è lo sviluppo delle risorse locali in modo efficiente e sostenibile, sia dal punto di vista economico che ambientale. "Oltre a presidiare le filiere agro-alimentari, valorizzando il non utilizzato sino ad oggi, vogliamo puntare sulle aree interne e montane dove possono fiorire grandi opportunità di sviluppo", conclude Meneguzzo.