PARTIRE DAL NULLA e costruire tutto. Farlo in pieno Covid. Provarci e riuscirci, diventando in pochi anni leader di settore e azienda di riferimento in materia. È la storia di Reinova, guidata da Giuseppe Corcione (nella foto). A Soliera, in provincia di Modena, nel cuore della Motor Valley italiana, è nato un team di eccellenza per lo sviluppo, i test e la validazione di componenti per il powertrain ibrido ed elettrico. E per il 2024 l’obiettivo è già chiudere a 15 milioni di fatturato, dopo aver aperto sedi in altri Paesi.
In soli quattro anni siete diventati leader di settore e multinazionale con sedi in altri paesi. Inoltre, siete anche entrati nel Gruppo HB4. A cosa è dovuto tutto questo successo?
"Nasciamo perché c’è un gap nel nostro territorio. Noi viviamo all’interno della Motor Valley che ha sempre avuto una spinta innovativa nel motorsport e con una guida tecnologica delle case automobilistiche di primo livello. Da qualche anno a questa parte i due grandi driver sono venuti un po’ meno. L’idea alla base quindi è stata questa, ovvero dopo tanti anni all’estero tornare in Italia provando a costruire un centro di competenza e di stimolo per l’innovazione in tutta l’Emilia-Romagna, con l’obiettivo di essere competitivi in una rivoluzione industriale così complessa. Viste le mie esperienze sapevo quali fossero la chiave, la direzione richiesta e i tempi utili. Misuravo questo gap nelle aziende in maniera impotente. Da qui la voglia di essere a supporto delle aziende per rimanere competitivi e diventarlo nei nuovi core business. Ecco così ho deciso di puntare sul settore celle, batterie, ovvero tutto il power elettrificato e non la parte meccanica che era già competitiva. Ma per farlo servivano tempi e modi coerenti. Ecco perciò le academy di formazione, cinque imprenditori di Reggio Emilia che mi hanno supportato e finanziamenti importanti dalle banche per oltre 20 milioni. Così è nato un team. Ho deciso di costruire un centro all’avanguardia a livello di infrastrutture e tecnologie perché non dovevamo essere pronti per il presente, ma avere già le basi per gli obiettivi prefissati per il 2030. Siamo partiti dalle aziende vicine, come Ferrari, ma poi ci siamo subito allargati"
Reinova è la principale realtà italiana nel testing e nella validazione delle batterie elettriche. Questo settore mancava in Italia?
"Visti gli ultimi 15 anni all’estero ero influenzato dalle modalità di lavoro. Ma ciò che mancava in Italia non erano le competenze, ma la capacità aggregativa, a nessuno era venuta questa scintilla. Bisognava rompere questa catena. E le aziende lo hanno subito capito, diventando un fiume che si alimenta. Ho notato fermento negli imprenditori con grandi curiosità. Il gap però ancora c’è, ma con la volontà e l’aggregazione può diventare colmabile".
Tra i vostri clienti potete annoverare i principali player del settore automotive. Il tutto mantenendo la sede centrale nel cuore della Motor Valley emiliana. Cosa chiede il mercato ora?
"È vitale rimanere qua e avere gli stimoli ideali. In Emilia-Romagna abbiamo per esempio i leader mondiali nel settore della movimentazione industriale e della componentistica. C’è un know-how straordinario, un esempio mondiale. Ci credo fortemente, ne ho parlato con l’assessore regionale Vincenzo Colla".
Lei ha visto il mercato cambiare. La situazione attuale la preoccupa? Si parla di dazi, contributi statali, IA, brand in difficoltà.
"I gruppi internazionali automobilistici non hanno alternative al mercato cinese, è il primo al mondo. Noi dobbiamo essere bravi a sviluppare quei sistemi per esserne competitivi. L’Europa deve essere il driver finanziario per fare una innovazione tecnologica. Servono però alti livelli di design to-cost e di design for manufacturing. E anche grandi investimenti ragionati per colmare questo gap. Una politica globale sul mondo dell’elettrificazione. Questa è ancora la fase di assestamento per cercare più soluzioni valide, perciò bisogna ragionare d’insieme per raggiungere gli obiettivi".
Il fatturato nel 2023 è stato di 10,5 milioni. Ora l’obiettivo è chiudere il 2024 a 15 milioni.
"Il trend è in crescita. A fine anno raggiungeremo i 120 occupati. Stiamo aprendo un terzo stabilimento in Italia per la parte della sicurezza, fino ai test esplosivi sui componenti. L’obiettivo è arrivare intorno al 2027-2028 alle 200 persone. L’82% di persone sono laureate. L’azienda vuole continuare a cavalcare il tassello della transizione energetica dal punto di vista dell’economia circolare, dalla produzione al riutilizzo".
Perché puntate sugli Emirati Arabi Uniti?
"Perché hanno e avranno un ruolo fondamentale nel passaggio logistico tra i vari mercati, hanno una posizione strategica. Questa è l’unica area geografica che non ha una regolamentazione in materia e ora noi la stiamo scrivendo. Questo paese, post Cop 28, deve fare un grande salto. Sarà l’hub principale tra Cina e Africa, ma non distante dall’Unione europea. Quindi cruciale".
Nella sua carriera ha lavorato nella STMicroelectronics. Una multinazionale che ha deciso di investire sull’Italia, a Catania, per costruire il polo dell’Ue sulla produzione di chip. Questo potrebbe cambiare le logiche di mercato sull’import dei componenti elettronici?
"In Europa abbiamo due limiti: la capacità produttiva dei semiconduttori e la capacità di generare un quantitativo di software per questo mercato. Quindi c’era necessità di compensare. Avere realtà dedicate alla creazione di chip e semiconduttori è un dato per iniziare a stimolare hardware, software ed essere svincolati. Una scelta quindi giustissima dove bisognava investire".
Nel 2022 in Campidoglio il riconoscimento ‘Storie di Eccellenza-100 Eccellenze italiane’. Ora Eccellenza dell’Anno-Innovazione & Leadership Electric Mobility. Cosa rappresentano?
"Un premio a chi ogni giorno lavora in questa azienda. Sono un attestato alla strada che stiamo percorrendo. Ma i riconoscimenti più importanti sono la fiducia che ci danno le aziende, a una realtà che è nata da così poco".
Vista la gioventù imprenditoriale, tra 4 anni dove vede la sua azienda?
"Ho un sogno nel cassetto. L’Italia sa fare ad alto standard mondiale le city car, ne siamo il cuore, da sempre (vedi la Fiat 500). Dobbiamo mettere quindi insieme delle competenze per sviluppare un veicolo di massa, una city car rivoluzionaria, che abbia grande sostenibilità, sia all’avanguardia, al passo con i tempi e con una produzione nostra, nel nostro territorio. Sarebbe una svolta per il mercato, da protagonisti".