LA QUALITÀ della vita viene prima dei soldi e della carriera. Tra i fattori di scelta per un nuovo impiego, infatti, gli italiani mettono al primo posto l’equilibrio vita-lavoro, seguito da un ambiente professionale piacevole e da un buono stipendio. Anche se poi, di fronte all’inflazione, una retribuzione inadeguata a mantenere il potere d’acquisto si rivela il principale motivo che spinge alle dimissioni per cercare un nuovo lavoro. Sono le indicazioni più significative della Randstad Employer Brand Research, che ha coinvolto 173.000 persone e oltre 6.000 aziende a livello globale, secondo cui il 47% dei dipendenti negli ultimi due anni non ha ricevuto alcun aumento dello stipendio per compensare l’incremento del costo della vita ed è più propenso a lasciare l’azienda rispetto alla media, che vede oggi circa un lavoratore su tre impegnato a cambiare lavoro (il 12% lo ha fatto negli ultimi sei mesi, il 24% intende farlo nei prossimi sei).
A desiderare maggiormente una nuova esperienza professionale sono gli appartenenti alla Gen Z e i Millennials, mentre i settori più attrattivi sono i media (per il 62% degli italiani), l’automotive (60%) e l’industria aeronautica (58%), seguiti da farmaceutico, elettronica, spedizioni e Ict. Il principale canale utilizzato per cercare opportunità di lavoro è LinkedIn, scelto dal 50% dei lavoratori, seguito da Infojobs (37%), agenzie per il lavoro (36%), portali specializzati (30%) e social media (29%). Fra questi ultimi, al top c’è Instagram (58%) che supera Facebook (54%), seguiti a distanza da TikTok (35%), Telegram (31%) e Twitch (23%).
Nella scelta del datore di lavoro ideale, i potenziali dipendenti mettono al primo posto l’equilibrio tra lavoro e vita privata (individuato dal 62%). Poi vengono un’atmosfera di lavoro piacevole (60%), retribuzione e benefit interessanti (57%), sicurezza del lavoro (51%) e avanzamento di carriera (49%). Sul fronte del welfare aziendale, poi, i lavoratori denunciano un ritardo nelle azioni per l’equità: al di là delle dichiarazioni di intenti, meno della metà dei datori di lavoro italiani valorizza realmente la diversità, garantisce parità salariale e offre a tutti le stesse opportunità di carriera o di riqualificazione.
Lo studio di Randstad rileva inoltre il rallentamento del lavoro a distanza nel 2024, mentre aumentano le forme ibride. Oggi, a fronte di una maggioranza dei dipendenti (il 48%) che lavora solo in presenza, il 25% lavora anche da remoto e il 6% solo da remoto. Il 19% ha un lavoro che non potrebbe svolgere da casa e solo il 2% vorrebbe lavorare da remoto ma il datore di lavoro non lo consente. Per l’80% dei dipendenti è importante la riqualificazione professionale, ma l’offerta di formazione non soddisfa le esigenze della forza lavoro: solo il 47%, infatti, ritiene che vengano offerte opportunità di crescita nel ruolo attuale.
"Oggi gli italiani cercano in un nuovo lavoro soprattutto benessere e conciliazione con la vita personale, anche se l’aspetto economico è tutt’altro che secondario – commenta Marco Ceresa (nella foto), Group Ceo di Randstad – Dalla ricerca emergono ampie divergenze di percezione tra donne e uomini e tra generazioni, a dimostrazione delle diverse dinamiche in evoluzione nelle organizzazioni, che i datori di lavoro devono analizzare con attenzione per adattare strategie di reclutamento, fidelizzazione e sviluppo dei talenti".