Villois
Il sistema economico mondiale, con Occidente e Stati Uniti da una parte, Cina e Asia dall’altra e arabi a schierarsi a proprio piacimento, si interroga su come procedere per ritrovare un ordine mondiale che eviti nuovi conflitti, non solo bellici, ma anche di natura economica. Il tema della competitività è diventato – insieme alla produttività, tempi e costi, investimenti e regole fiscali delle singole nazioni – quello conduttore, perché nel suo ambito si definiscono le condizioni di sviluppo e di riflesso quelle sociali per occupazione e salari. La Cina ha imposto, nell’ultimo quarto di secolo, la sua presenza nei mercati mondiali. La sua produttività è stata per un lungo periodo, oggi in ambasce, riferimento sia per il blocco occidentale che per gli emergenti, Africa in testa, dove i suoi insediamenti sono più numerosi di quelli statunitensi ed europei. Gli Usa hanno spinto, a vari livelli, la loro economia come nessun altro nel globo, restando riferimento industriale, economico e monetario dell’intero globo, pur risentendo della debolezza del blocco europeo. Il quale è basato sull’euro, ma è incapace di determinare una linea comune economica, finanziaria, fiscale, industriale ma anche sociale e formativa. A livello di scambi commerciali ha prevalso l’applicazione dei dazi che gli Usa applicano verso la Cina nella misura del 27%, mentre sono variabili, in rapporto ai prodotti, verso l’Europa. La quale, disunita com’è, applica i meno vantaggiosi, del 10%, verso la Cina e ricambia al ribasso quelli Usa, un singolare – e perdente – modo per difendere la propria competitività.