Mercoledì 30 Luglio 2025
PIERFRANCESCO DE ROBERTIS
Economia

Gozzi (Federacciai): ora nervi saldi. "Un accordo, poi l’Ue riveda i piani"

Il presidente degli industriali siderurgici: Trump mira alto per ottenere qualcosa, uno schema classico "I motivi di questa offensiva? Gli Stati Uniti hanno un deficit altissimo, tentano di riequilibrare".

Il presidente degli industriali siderurgici: Trump mira alto per ottenere qualcosa, uno schema classico "I motivi di questa offensiva? Gli Stati Uniti hanno un deficit altissimo, tentano di riequilibrare".

Il presidente degli industriali siderurgici: Trump mira alto per ottenere qualcosa, uno schema classico "I motivi di questa offensiva? Gli Stati Uniti hanno un deficit altissimo, tentano di riequilibrare".

Roma, 13 luglio 2025 – Il presidente di Duferco e di Federacciai Antonio Gozzi cerca di prenderla con filosofia. "La lettera di Trump in perfetto stile Trump – spiega – segna l’inizio di una trattativa. Difficile, lunga, tortuosa, ma è una trattativa".

Non pare troppo allarmato.

"Guardi, queste cose le capiscono meglio gli uomini del business che i politici, e non dimentichiamo che Trump resta un businessman, peraltro di un business così particolare come quello immobiliare".

Quindi non bisogna spaventarsi?

"Gli uomini di business sanno che all’inizio di ogni trattativa la prima cosa è mantenere il sangue freddo e i nervi saldi. Trump spara in alto per poi chiudere più in basso e magari ottenere qualche altra cosa. Non siamo all’ultima scena di un film, il cui finale è di là da essere scritto".

Nella lettera Trump ha messo il termine del primo agosto.

"Appunto, c’è ancora tempo per trattare".

La presidente della Commissione europea ha reagito duramente, dicendo che la Ue è pronta a adottare contromisure.

"Capisco la reazione di von der Leyen, d’altra parte nell’immediato qualcosa deve poter dire, almeno far vedere la faccia feroce. Ma non è quello che in definitiva serve. Una controtariffa sul bourbon, tanto per fare un esempio, non convincerebbe Trump a desistere".

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Se lei fosse il commissario europeo incaricato a sedersi al tavolo con Trump, che cosa direbbe?

"Serve far capire innanzitutto che l’Europa è compatta e che occorre ragionare insieme agli americani sull’opportunità di un’area euroatlantica di libero scambio, che dovrebbe essere l’anima di una nuova intesa e di una nuova alleanza, i cui vantaggi ricadrebbero anche su di loro".

Se alla fine l’accordo non ci fosse o fosse su tariffe molto alte, ci sarebbe da preoccuparsi molto per la nostra industria?

"Certamente saremmo in difficoltà, considerando anche la concomitante svalutazione del dollaro, ma mi preoccupano ancor più gli effetti indiretti di questa guerra mondiale dei dazi. Temo che alla fine l’Europa sarà invasa da prodotti cinesi o di altre parti del mondo che non possono essere più venduti agli americani e che finiscono da noi".

Come si è mossa finora l’Europa?

"L’Europa deve comprendere che è cambiato il paradigma sul quale ci siamo mossi finora, quello fondato sulla competitività e sul Green deal. Non siamo più i primi della classe che si potevano permettere di regolare le cose a loro piacimento. Un’idea che ha prodotto una parziale marginalizzazione economica e una completa marginalizzazione geopolitica. Non contiamo più niente".

In che cosa abbiamo sbagliato?

"Abbiamo sbagliato il nostro modello di crescita, perché abbiamo fondato la nostra crescita sulle esportazioni, abbandonando completamente il mercato interno. La via di mezzo che l’Europa ha perseguito tra austerità nordica ed estremismi come il Green deal ha prodotto una situazione che adesso paghiamo".

Nella trattativa sui dazi, quale sarebbe una tariffa finale accettabile?

"Il sogno era un accordo all’inglese, zero con zero, ma a questo punto non credo sia più possibile".

Ha capito perché Trump ha scatenato tutta questa offensiva?

"Avevano un deficit altissimo, e hanno cercato in questo modo di riequilibrare la propria bilancia commerciale. Sono gli stessi problemi che avevano sul fronte militare, con una spesa non più sopportabile per loro, e hanno cercato di redistribuirla in ambito Nato. Così hanno avviato questa guerra commerciale. Ma se fosse così facile lo avrebbero fatto tutti".

Se la sente di fare una previsione?

"Continuo a pensare che l’America non sia Trump e che quindi alla fine il sistema americano, fatto di industria, non permetterà tutto questo. Noi abbiamo bisogno dell’America, ma anche l’America ha bisogno di noi e una politica dei dazi così portata all’estremo danneggia il sistema americano".

Come reagiranno i mercati?

"Non credo bene. Nei prossimi giorni mi aspetto una reazione non positiva dei mercati, come una ulteriore svalutazione del dollaro, e anche questo sarebbe per noi un danno che si aggiunge al resto".