INVESTIRE ANCORA nel mattone o optare per un investimento finanziario, sia in Borsa sia nei bond che continuano a rendere più del 3% all’anno? È una domanda che molti proprietari di seconde case si stanno facendo alla luce anche dell’aumento dei costi di gestione, dalle tasse (Imu) alle bollette fino ai lavori di manutenzione o straordinari. Guardando al settore dell’immobiliare turistico, dopo il boom di acquisti post Covid, si sta assistendo del resto a un assestamento sia sul fronte delle compravendite sia su quello della crescita dei prezzi. Il mercato, rileva l’Ufficio studi del gruppo Tecnocasa, si sta avviando verso una normalizzazione tanto che, nel 2023, le compravendite di casa vacanza si sono stabilizzate rispetto al 2022. Sul totale delle compravendite realizzate dalle agenzie del Gruppo, esse rappresentano il 7,1%. In particolare, le località di mare hanno chiuso l’anno con +0,5%. Bene alcune regioni dell’Adriatica come Abruzzo (+1,7%) e Molise (+6,9%). Buon andamento anche per il Veneto (+2,4%), la Sardegna (+2,1%) e la Calabria (+1,7%). In lieve calo la Puglia (-2,%) e la Sicilia (-1,2%). Passando dal mare ai laghi, sempre secondo l’Ufficio Studi Tecnocasa, i valori immobiliari nel secondo semestre 2023 hanno registrato una diminuzione dello 0,3%. Sono calati leggermente i prezzi sul lago di Garda (-0,4). Bene quello di Como (+1,9%) con un buon andamento per la sponda comasca (+5,5%) mentre la sponda lecchese ha frenato (-0,4%). In difficoltà le località sui laghi del Lazio (-4,2% per i comuni sul lago di Bracciano e -5,7% per il lago di Bolsena).
Ma il sogno della seconda casa è ancora attuale? E quanto finanziariamente rende questo investimento? Se l’acquisto dell’immobile risale a trent’anni fa, spiega Roberta Rossi (nella foto sopra), responsabile della consulenza della società di consulenza indipendente SoldiExpert Scf, è stato un buon affare se si trova l’acquirente, perché fino al 2007 i prezzi reali (quindi al netto dell’inflazione) delle case in Italia sono aumentati, secondo l’Ufficio Studi di Nomisma. Per chi ha comprato casa negli ultimi 17 anni invece non è più così. Considerando il prezzo di acquisto della casa e le spese di ristrutturazione e arredamento, difficilmente, rileva sempre Roberta Rossi, "chi ha comprato case negli ultimi 17 anni potrà dire di aver rivalutato al netto dell’inflazione il suo patrimonio se decidesse oggi di mettere sul mercato l’immobile tranne in poche località italiane molto concentrate". Comunque, aggiunge, "per togliersi il dubbio se l’immobile sia stato un buono o cattivo investimento si può sempre far valutare la prima, seconda o terza casa posseduta, da uno o più agenti immobiliari per capire se il mattone ha aumentato o diminuito la nostra ricchezza, intesa come reddito spendibile, quindi considerando l’inflazione degli ultimi 17 anni. Se rispetto a quanto avete pagato la casa 17 anni fa il suo valore non è salito del 25% (tanto è stata l’inflazione dal 2007 al 2023), vi siete impoveriti".
Dopo il picco del 2007-2008 quando i prezzi medi al metro quadro hanno superato i 3000 euro/mq, i valori reali delle case oggi al netto dell’inflazione sono sotto del 50% rispetto a 15 anni fa, raccontano i dati di Nomisma. Alcuni provano a mettere a reddito l’immobile, con affitti lunghi o brevi, ben sapendo che gli affitti brevi sono più remunerativi, ma equivalgono a fare un vero e proprio lavoro. Del resto, se è vero che il ricavo medio per notte di un host europeo nel 2023 è stato di 90 euro con un ulteriore aumento del 9,8% su base annua, questo settore comincia a mostrare qualche difficoltà. E nonostante la domanda record, sempre nel 2023 l’occupazione media delle strutture destinate alle locazioni a breve termine in Europa ha subito una frenata fino a fermarsi al 55,4%, in calo dell’1,9% su base annua. In più sono diventate più restrittive anche le norme amministrative e fiscali. Con, per l’Italia, il via proprio dal 1° settembre dell’obbligo per i proprietari di case vacanza, i gestori di appartamenti e le piattaforme online di richiedere e comunicare il codice identificativo per ogni immobile messo in affitto. Un cambiamento volto a contrastare il fenomeno degli affitti turistici non dichiarati per soggiorni inferiori ai 30 giorni. Così sta aumentando il numero dei proprietari di immobili che si chiedono se non sia meglio vendere le seconde e terze case, fare cassa e investire in titoli finanziari.
In questo caso quali sono i calcoli giusti da fare? Il primo, conclude Roberta Rossi, è stimare il rendimento netto dell’affitto dell’immobile considerando tutte le spese a carico del proprietario tra cui l’Imu, le spese di manutenzione straordinaria relative a sostituzioni o riparazioni per strutture e impianti non più funzionanti o a problematiche dovute all’anzianità dell’immobile, compresi eventuali adeguamenti alle normative vigenti e le spese dell’assicurazione sulla casa. Sui redditi da immobili in affitto occorre poi pagare la cedolare secca, che prevede un’aliquota del 21% che si porta via un quinto della rendita, e può essere ridotta al 10% per i contratti a canone concordato. Morosità dell’inquilino ed eventuali periodi di inutilizzo della locazione sono rischi a carico del proprietario dell’immobile. C’è poi un rischio spesso non percepito: che il valore dell’immobile nel tempo si svaluti. Questo potrebbe rendere nullo il valore dell’affitto incassato. Se la casa tra 10 anni dovesse valere il 15% in meno di quanto potrei ricavare mettendola sul mercato oggi, dovrei considerare nella convenienza o meno di tenerla anziché venderla anche questo aspetto. Quindi si potrebbe considerare allettante una rendita immobiliare del 3% al netto di tutte le spese dell’abitazione per i prossimi 10 anni, se il valore nominale della casa non subisse alcuna svalutazione.