Venerdì 11 Ottobre 2024

Criptovalute, investimenti degli italiani raddoppiati:: "Oro digitale"

La percentuale di italiani che possiede criptovalute è più che raddoppiata tra il 2022 e il 2024, secondo la Consob. Il settore è in crescita, ma la regolamentazione e la sicurezza restano temi cruciali. Internet è il principale canale di informazione per gli investimenti.

Criptovalute, investimenti degli italiani raddoppiati:: "Oro digitale"

CHECKSIG A SOSTEGNO DEI CITTADINI L’agenzia di Ametrano segue i cittadini in materia di criptovalute per evitare frodi, errori tecnici, problemi fiscali e aggressioni a scopo di furto, nel far west della moneta digitale, sempre più diffusa e in crescita: «Siamo ancora l’eccezione ma speriamo che il nostro compito diventi la norma»

"TRA IL 2022 E IL 2024 la percentuale degli intervistati che dichiara di avere criptovalute in portafoglio è più che raddoppiata, passando dall’8% al 18%". A spiegarlo è la Consob, Commissione nazionale per le società e la Borsa, nel suo nono Rapporto sulle scelte di investimento delle famiglie italiane, utilizzando un campione di oltre duemila investitori. Un dato in netta crescita che ha sorpreso, e non poco, gli esperti di settore. Un trend confermato anche da Bankitalia, con Massimo Doria, vicecapo al dipartimento circolazione monetaria e pagamenti al dettaglio: "Nel primo trimestre ammontano a oltre 1,3 milioni gli individui che detengono cripto-attività presso servizi di portafoglio digitale (Vasp) registrati in Italia, per un controvalore complessivo in euro di 2,7 miliardi (+85 per cento rispetto al quarto trimestre del 2023)". Ma la pericolosità delle piattaforme di criptoattività è sicuramente un tema, spesso centrale. Non solo per le tasche dei cittadini, ma anche per i confronti tra i politici a livello governativo e i vari Stati sulla norma europea definita MiCar, ovvero ’Regolamento sui mercati delle Cripto-Attività’, entrata in vigore e che punta a fornire un quadro giuridico per la regolamentazione delle cripto-attività, compresi gli stablecoin (tipologia di cripto-attività progettata per mantenere un valore stabile, ndr), all’interno dell’Unione europea. Si concentra sulla protezione degli investitori, la promozione dell’innovazione e la prevenzione del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo.

Al mondo esistono oltre 24.000 criptovalute. La più nota e maggiormente utilizzata è il Bitcoin. In Italia uno dei massimi esperti in materia è Ferdinando Ametrano (nella foto), amministratore delegato e cofondatore di CheckSig, agenzia che segue i cittadini per evitare frodi, errori tecnici, problemi fiscali e aggressioni a scopo di furto, in quel far west della moneta digitale. Coordina corsi ad hoc all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, all’Università degli Studi di Milano e all’Essec Business School di Parigi. "Bitcoin oggi vuole essere l’equivalente dell’oro", spiega Ametrano. Una frase che l’esperto in materia diceva già 10 anni fa. Ma che oggi esce dalla bocca del candidato presidente agli Stati Uniti Donald Trump che vuole rendere gli Usa "la cripto capitale del pianeta e la superpotenza bitcoin del mondo", prosegue. Perché il pianeta delle criptovalute può già essere raccontato in tre archi temporali: passato, presente e futuro. "Trump si è schierato pienamente a favore. Questa è una novità epocale, quattro anni fa inimmaginabile. Sta usando questo tema come propaganda per le presidenziali di novembre", insiste Ametrano. Poi, il presente, con il regolamento MiCar in vigore. "Finalmente è stato regolato il settore anche in Europa con l’apertura alle criptovalute", analizza l’esperto. E poi il passato, con un salto indietro a gennaio, al lancio degli Etf – Exchange-traded fund – sui bitcoin da parte di Fidelity e BlackRock, "i principali asset che così hanno raccolto 25 miliardi", prosegue il docente in materia. Insomma, tre fattori storici che hanno aperto il mondo, definitivamente, alle criptovalute.

E il futuro prossimo, visto anche l’aumento delle percentuali di investimento da parte degli italiani, sarà ancora così roseo? "Da qui a fine anno ci saranno ancora altri sviluppi, è un mercato in continuo divenire e in grande crescita", spiega Ametrano. Basti pensare che a marzo Bitcoin era volato oltre i 71mila dollari di prezzo, con una capitalizzazione di 1.400 miliardi, più dell’argento. E gli esperti hanno anche consigliato di investirci il 2,5% del patrimonio individuale, a puro scopo di diversificazione. Ma questo rischia di disincentivare i titoli di stato o le obbligazioni tramite una banca? "Spesso si è sentito dire che disintermedia gli istituti finanziari. Ma per ora questa cosa non è reale. Le criptovalute sono uno straordinario oro digitale, ma non sono una buona moneta di pagamento perché instabili nel potere di acquisto", analizza Ametrano. Passando invece ai contro, spesso si parla di far west delle criptovalute, tra scandali, soldi persi, operazioni fuori legge e ’finti’ esperti in materia. "Servirebbero una Audit indipendente, ma anche delle garanzie assicurative e una prova di riserve, ovvero una prova pubblica che quanto si dichiara corrisponde effettivamente a quanto detenuto", continua Ametrano. Ecco allora la sua idea, insieme a dei soci, di creare servizi ad hoc sugli investitori, per navigare nel mondo della complessità tecnologica, tra rischi di furti, "perché detenere cripto è come avere gioielli", passaggi generazionali e irregolarità con il fisco. Da qui nasce CheckSig: "Siamo l’unico player a farlo in Italia, oggi siamo l’eccezione ma speriamo che il nostro compito diventi la norma".

Dall’indagine della Consob risulta che Internet è di gran lunga il canale più usato per la ricerca di informazioni finalizzate a prendere una decisione di investimento. Il 67% degli intervistati si approvvigiona in rete sul web. Una percentuale collegabile anche all’exploit delle criptovalute. Al secondo posto la televisione (43%). A seguire con il 36% i social media (sostanzialmente a pari livello con i siti o le app degli intermediari finanziari). Carta stampata e testate on-line sono usate dal 34% degli interpellati, percentuale che scende al 33% per i siti delle istituzioni. In crescita poi ci sono anche gli investimenti qualificati come sostenibili, presenti nel 2024 nel salvadanaio del 20% degli intervistati contro l’11% del 2022.