Sabato 4 Maggio 2024

Crisi del mar Rosso, l’impatto sui porti italiani. Effetto domino: a rischio anche il taglio dei tassi

Sconvolto il trasporto via mare, transiti crollati e rincari boom per le merci che arrivano nel nostro Paese da Shanghai

Roma, 22 gennaio 2024 – L’alta tensione presente nel Mar Rosso può avere impatto sui porti italiani, che ne risulteranno svantaggiati a favore dei porti francesi e della Germania. Così come – mette in luce uno studio dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico centro-settentrionale di Ravenna - stanno vertiginosamente salendo le tariffe del trasporto marittimo in crescita di oltre il 200% tra dicembre 2023 e gennaio 2024 e i noli per i container tra Italia e Cina mostrano già un rincaro del 25%.

Crisi del Mar Rosso, una nave attraversa il Canale di Suez (Ansa)
Crisi del Mar Rosso, una nave attraversa il Canale di Suez (Ansa)

Il risultato è che il trasporto via mare dei container ne risulta sconvolto e portarne uno da Shanghai a Genova vede rincari molto più forti rispetto ai viaggi verso Rotterdam, New York o Los Angeles. Con gravi ripercussioni per l’export italiano che passa per la gran parte dal Mar Rosso: infatti, secondo il Kiel Institute for the World Economy, istituto di ricerca tedesco specializzato sui temi della globalizzazione, a dicembre il volume dei container spediti attraverso il Mar Rosso si è ridotto del 66% rispetto al volume normalmente previsto (media dal 2017 al 2019).

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Il traffico attraverso Suez

Per l’Italia si stima che il valore dell’import-export annuale che transita per il Canale di Suez proveniente dai paesi del Medio Oriente, dall’Asia, dall’Oceania e dai paesi del Sud-Est dell’Africa nel periodo settembre 2022-settembre 2023 sia pari a 148,1 miliardi di euro, di cui 93,1 miliardi di euro di importazioni e 55 miliardi di esportazioni, che rappresenta il 42,7% del commercio estero dell’Italia trasportato per mare e l’11,9% del commercio estero totale dell’Italia.

Come fanno sapere dall’Autorità portuale di Ravenna, nel 2022 il traffico attraverso il Canale di Suez ha rappresentato il 17% di quello totale del Porto di Ravenna (19% includendo i container), nelle stime per il 2023 il traffico attraverso il Canale di Suez è invece salito al 20% di quello totale del Porto (24% includendo i container).

Tuttavia ora, a seguito degli attacchi delle forze ribelli sciite, Houthi, di stanza nello Yemen alle navi in transito nel Canale di Suez, le compagnie di navigazione Cosco, MSC, Maersk, CMA CGM, Hapag Lloyd oltre all’israeliana ZIM, a partire da metà dicembre 2023 hanno temporaneamente sospeso il transito vicino alle coste yemenite e attraverso il Canale di Suez, da cui passa il 12% delle merci mondiali. La rotta alternativa è rappresentata dalla circumnavigazione dell’Africa dal Capo di Buona Speranza e l’arrivo al Mediterraneo attraverso Gibilterra o la Manica, che significa percorrere oltre 2.500-3.500 miglia nautiche e tempi di navigazione più lunghi del 30%, ovvero circa 10 giorni in più. I porti potenzialmente più svantaggiati dovrebbero essere quelli del Mediterraneo Orientale e, in particolare, quelli dell’Adriatico, mentre ne trarranno vantaggio gli hub di Le Havre, Rotterdam, Amburgo e in generale i porti del Nord Europa.

Rincari e ritardi

Secondo Xeneta, la piattaforma che monitora le tariffe del trasporto marittimo, “le tariffe di trasporto marittimo dall’Estremo Oriente al Mediterraneo e al Nord Europa sono destinate ad aumentare del 200% da metà dicembre nei prossimi sette giorni”. Più a lungo durerà questa crisi, maggiori saranno i disagi che causerà al trasporto marittimo di merci in tutto il mondo e i costi continueranno ad aumentare. Ciò significa che le merci subiranno ritardi o non arriveranno affatto e che i prezzi aumenteranno per il consumatore finale”.

Secondo Drewry, società che elabora l'indicatore dell'andamento dei noli marittimi dei container, con la crisi di Suez il trasporto dei container tra Asia -Europa sulla rotta tra Shanghai e Genova (il porto con maggiori traffici verso l’Oriente, ma la medesima situazione è estesa a tutti i porti mediterranei) sta subendo i rincari più alti: la tratta Cina-Italia fa segnare un ulteriore +25%.

Nell’ultimo periodo monitorato, quello della settimana al 4 all'11 gennaio, il nolo medio per trasportare un container da 40 piedi è salito a 5.213 dollari, +25% rispetto alla settimana precedente, +78,1% rispetto a gennaio dello scorso anno, +287,8% rispetto a fine ottobre, prima che iniziassero gli attacchi Houthi. Il trasporto via mare di un container da Shanghai a Genova costa quindi di più che portarlo a Rotterdam (4.406 dollari, +23% in una settimana), New York (4.170, +8%) o Los Angeles (2.790, +2%) che fanno quindi registrare incrementi di costo più contenuti rispetto ai porti italiani.

Oltre al fatto che girare attorno all’Africa richiede più tempo e più carburante, va considerato inoltre il rincaro dei cosiddetti Eu Ets, (European Union Emissions Trading System), Il Sistema europeo di scambio di quote di emissione di gas a effetto serra, che sono una specie di tassa sulle emissioni di CO2. I dati certi sul traffico navale sembrano preludere a una chiusura di fatto del Canale di Suez.

Transiti crollati

Intanto il Kiel Institute for the World Economy segnala che il numero dei transiti è crollato del 60%, da 500.000 container al giorno a 200.000 e da quando sono cominciati gli attacchi degli Houti il traffico marittimo mondiale è diminuito dell’1,3% (un dato che può dipendere anche da altre cause ed essere la spia di una imminente recessione internazionale). Inoltre, per l’Italia l’impatto rischia di essere molto maggiore, visto che la nostra quota di import e di export che transita da Suez è vicina al 40%.

I rischi per prezzi e tassi

Tutto questo si scarica sui prezzi dei prodotti pagati dai consumatori e sulla produzione. Sul primo fronte il rischio è che l’inflazione aumenti ulteriormente, e che i tagli dei tassi da parte delle banche centrali vengano rinviati. L’esito sarebbero più inflazione e meno crescita economica, cioè il contrario di quello che si prevedeva nel 2024. E poi la crisi del Mar Rosso sta già causando problemi alla produzione industriale europea. Il 12 gennaio, Tesla ha annunciato che sospenderà la produzione delle sue autovetture elettriche in Germania per mancanza di alcuni componenti provenienti dall’Asia. La società spiega che “il notevole allungamento dei tempi di trasporto crea un divario nelle catene di approvvigionamento”. La produzione sarà sospesa tra il 29 gennaio e l’11 febbraio.

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