Giovedì 25 Aprile 2024

Borse per chi ha fegato? La lezione della crisi 2008

I dati di Assogestioni: fuga dai fondi di investimento a marzo. Anche rimettendoci

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Compra quando tutti vendono e vendi quando tutti gli altri comprano. La celebre massima del finanziere Warren Buffet, uno degli investitori più stimati al mondo, non sembra proprio voler entrare nella testa dei risparmiatori italiani.

Nei mesi passati, dopo la crisi finanziaria causata dall’epidemia del Coronavirus, tra i nostri connazionali c’è stata infatti una fuga dai fondi comuni d’investimento, non soltanto quelli più rischiosi come gli azionari ma anche gli obbligazionari.

A dirlo sono i dati di Assogestioni, l’associazione di categoria del risparmio gestito, che ha da poco diffuso le sue consuete statistiche mensili. A marzo, la raccolta netta dei fondi comuni d’investimento ha subito infatti una flessione di 10,8 miliardi di euro. Quasi tutte le categorie di prodotti hanno visto una fuga dei sottoscrittori: per i fondi azionari i deflussi netti a marzo hanno superato i 4 miliardi di euro, mentre per gli obbligazionari hanno oltrepassato gli 8 miliardi.

Fanno eccezione soltanto i fondi monetari, cioè quelli che investono in bond di breve scadenza e che sono dunque meno rischiosi, la cui raccolta a marzo è cresciuta di oltre 6 miliardi di euro in un solo mese. Non appena le Borse hanno iniziato a crollare, dunque, molti investitori hanno cercato di mettersi al riparo dai rischi, posizionandosi su prodotti del risparmio gestito dal profilo più prudente. È stata la scelta giusta? La risposta dipende ovviamente dalle situazioni specifiche.

Prima del crollo di marzo, le Borse erano in effetti reduci da un lungo ciclo rialzista, interrotto soltanto da qualche fase di ribasso non particolarmente lunga come quella di fine 2018. Chi ha accumulato guadagni consistenti nell’arco di diversi anni, non ha sbagliato a liquidare le proprie posizioni di fronte alle turbolenze del 2020.

Discorso diverso, invece, per quegli investitori che si sono fatti prendere dal panico e, di fronte ai crolli ripetuti dei listini internazionali, sono usciti dal settore azionario e hanno chiuso le proprie posizioni in rosso.

È proprio nei momenti di crisi, infatti, che si riescono a fare grandi affari in Borsa, a patto di avere un po’ di fegato e la pazienza di aspettare, ponendosi un obiettivo di guadagno nel medio e lungo termine, cioè nell’arco di qualche mese o anno. Per rendersene conto basta riportare indietro le lancette dell’orologio e guardare che cosa è successo nel biennio 2008-2009, quando le Borse internazionali sono crollate in pochi mesi (con perdite di oltre il 50% per i principali listini). Chi ebbe il fegato di investire allora, negli anni successivi ha collezionato per lo più rendimenti a due o tre cifre. Secondo un’analisi pubblicata negli anni scorsi dall’ufficio studi di Mediobanca, chi ha investito in un fondo comune nel 2008, nel 2019 (cioè dopo 11 anni) ha ottenuto in media un rendimento complessivo del 63%, con punte di oltre il 400% per i prodotti del risparmio gestito più redditizi, per esempio quelli specializzati nella Borsa americana. Ciò significa che un capitale di 10mila euro versato nel 2008 in un fondo azionario è cresciuto mediamente fino a oltre 16mila euro nel 2019 e fino a 50mila euro se investito invece soltanto in un prodotto azionario concentrato sul mercato statunitense.

Un po’ meno sostenute, anche se tutt’altro che modeste, le performance dei migliori fondi azionari europei che, secondo l’Ufficio Studi di Mediobanca, hanno reso quasi il 300% in un decennio. Tradotta in cifre, questa performance avrebbe fatto crescere un capitale di 10mila euro fin quasi a 40mila, sempre nell’arco di un 11 anni. Certo, per ottenere questi guadagni a tre cifre bisognava armarsi di pazienza e saper aspettare ben due lustri.

Nel breve periodo, infatti, l’investimento nel settore azionario può riservare infatti molte amare sorprese, come sa bene chi è entrato sul mercato alla fine dello scorso anno, prima della crisi provocata dalla pandemia del Covid-19. Poiché prevedere in anticipo l’andamento delle Borse è impossibile, il consiglio di molti esperti di pianificazione finanziaria è quasi sempre di investire a rate, cioè posizionarsi gradualmente sui mercati finanziari con un pac (piano di accumulo del capitale). Si tratta di un programma di versamenti con cui un investitore destina periodicamente, in genere ogni mese, una piccola somma di denaro (ad esempio 100 o 200 euro) all’acquisto delle quote di un fondo comune, senza correre il rischio di versare tutto il capitale in un’unica soluzione, quando le Borse sono ai massimi e stanno per crollare.

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