Niente da fare. Indietro non si torna. La premier non sente ragioni: il taglio delle accise sui carburanti non ci sarà. È sufficiente, per ora, il decreto sulla trasparenza dei prezzi. Le spinte nella maggioranza, mai arrivate alla dignità di frizioni ufficiali (la manovra è passata all’unanimità in Consiglio dei ministri), non la convincono. E tanto meno digerisce le critiche che le piovono addosso dopo la decisione di far cadere lo sconto sulla benzina con la fine dell’anno, confermando la scelta di Mario Draghi. Così, dedica una puntata monografica dei suoi appunti social a spiegare i motivi di una "scelta politica". Ragioni di budget, ovviamente: costando la sforbiciata di un miliardo al mese, "abbiamo preferito dirottare le risorse" altrove, in nome di un principio "di giustizia sociale".
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Tagliando le accise, dice "non avremmo potuto aumentare il fondo sulla sanità, la platea delle famiglie che accedono al sostegno per calmierare le bollette domestiche, né finanziare i crediti d’imposta per le Pmi". Dunque, ritenendo che uno sconto sulla benzina "aiuta tutti, indipendente dalla condizione economica" ha deciso di conseguenza. Basta con gli interventi lineari – ricordano a Palazzo Chigi – è anche il mantra di Bruxelles. Lei ha scommesso piuttosto sul calo del prezzo del petrolio: "Quando è intervenuto il governo precedente – chiarisce – la benzina era sopra i 2 euro: ora sta a 1.82". Mai dire mai, però, come avverte il leghista Massimo Bitonci, sottosegretario al ministero delle Imprese, dove il titolare, Adolfo Urso, domani incontrerà le associazioni dei consumatori un tavolo tecnico sulla materia. Una strada, in via ipotetica, resta aperta. Se la costante diminuzione del prezzo del gas porterà ad un calo del costo delle bollette a marzo, quando bisognerà rinnovare il pacchetto energia, il governo potrebbe dirottare le risorse su questo capitolo.
Il problema non è solo contingente. Da giorni si moltiplicano le voci che rinfacciano alla premier non solo il video girato tempo fa in cui parlava della necessità di abolire le accise ma anche di averne annunciato il taglio in campagna elettorale. A chi prova a inchiodarla al filmato, Giorgia replica che è del 2019. "Sono ancora convinta che tagliare le accise sia un’ottima cosa. Il punto è che si fanno i conti con la realtà con la quale ci si misura. Non sfuggirà a chi non ha pregiudizi che il mondo in questi tre anni è cambiato". Parole che non rasserenano il clima. Le opposizioni vanno all’attacco, parlano di "inversione a U" (il copyright è di Debora Serracchiani, capo dei deputati Pd), squadernando il programma di FdI in cui si parla di riduzione delle accise: "La premier ci prende in giro o ha la memoria corta. Basta consultare il programma elettorale del suo partito". Affonda la lama il leader M5s, Giuseppe Conte: "Ha preso i voti su quella promessa". Rilancia Carlo Calenda (Terzo polo): "Lei dice il falso".
La presidente del Consiglio tira dritto: c’era nel programma, ribatte, ma se ci fossero state maggiori entrate, che non è il caso di oggi. "Resta l’obiettivo di tagliare le accise, ma è un impegno che nell’attuale contesto non potevamo prenderci". Netto il braccio destro, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari: "Ci lavoreremo nell’arco della legislatura". Neanche i vertici del Nazareno demordono: chiedono un’audizione al ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, sul rialzo dei prezzi. E il segretario, Enrico Letta, ride: "Questa menzogna è il primo errore mediatico commesso da Giorgia e fa emergere la contraddizione tra promesse e fatti". Più che un problema di coerenza tra il dire e il fare, merce introvabile nella politica italiana, il vero guaio per il Governo e la sua premier rischia di essere proprio quel che lei sostiene: a nessuno sfugge che i tempi sono cambiati. Tre anni fa di inflazione neppure se ne parlava, oggi tutti devono farci i conti. E se il prezzo della benzina dovesse spingerla ulteriormente, bisognerebbe per forza tornare sul capitolo che Giorgia ha cercato di chiudere ora.