Giovedì 9 Maggio 2024

Cereali, la qualità è buona Ma calano resa e produzione

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SIAMO CARENTI di materie prime agricole, in particolare di cereali. Dovremmo produrre di più, ma dalla campagna cerealicola 2022 arrivano cattive notizie: produciamo nettamente di meno. Di grano duro, quello con cui si fa la pasta, secondo le stime Italmopa (le industrie molitorie), abbiamo perso il 10%. Ne abbiamo prodotto circa 3,5 milioni di tonnellate, a fronte di un fabbisogno dell’industria molitoria calcolato in 5,5 milioni di tonnellate. Quanto al grano tenero (pane, biscotti, prodotti da forno) sempre Italmopa stima la produzione 2022 a 2,5 milioni di tonnellate (-15% rispetto al 2021) contro un fabbisogno dell’Industria molitoria di circa 5,3 milioni di tonnellate. Risultato inevitabile: forte aumento delle importazioni. "Si tratta, indubbiamente, di un dato significativamente inferiore alle iniziali aspettative – analizza Enzo Martinelli di Italmopa (grano duro) – che deriva essenzialmente dalla contrazione verificatasi nelle principali Regioni produttrici del Sud Italia, mentre l’Emilia-Romagna fa registrare un dato in controtendenza. La riduzione delle rese va addebitata all’andamento climatico caldo e siccitoso del periodo primaverile".

Buona invece la qualità per i contenuti in proteine e l’assenza di malattie fungine. Prima ci si poteva consolare con i prezzi ma a metà luglio le quotazioni del grano duro sono crollate. Alla Borsa merci di Bologna le quotazioni sono scivolate sotto i 500 €ton, in ribasso di 30 euro rispetto alla settimana precedente, un livello che non si vedeva da ottobre 2021. Invariati invece grano tenero e altri cereali. Lo scivolone ha messo in allarme il mondo produttivo, che vede rischi di manovre speculative. CAI-Consorzi Agrari d’Italia parla di situazione "insostenibile per tante aziende agricole che hanno investito in questi mesi nonostante l’aumento dei costi di gasolio e concimi dovuto al caro energia e alla guerra in Ucraina". "Il pesante deprezzamento va contro ogni logica, in un momento di stallo del mercato cerealicolo dopo il conflitto ucraino e con il prezzo della pasta aumentato del 17%", denuncia Cia-Agricoltori Italiani. Intanto i costi produttivi sono esplosi: "Se nel 2021 il costo medio di produzione per un ettaro di grano duro si attestava, secondo Cia, sui 700 euro, oggi ne occorrono almeno 1.200. La gran parte di questi aumenti è da riversare sull’aumento del costo del carburante agricolo (schizzato a 1,60 euro al litro), per cui Cia lamenta nel Decreto Aiuti la mancata proroga del credito d’imposta".

Le quotazioni dei frumenti sono esplose negli ultimi mesi. In Emilia Romagna siccità e alte temperature hanno determinato differenze produttive sostanziali da zona a zona. C’è chi ha raccolto 5 tonnellate ad ettaro nelle aree dove è piovuto poco, in particolare in Romagna e nelle province di Bologna, Modena e Ferrara, e chi invece ha portato a casa produzioni intorno alle 6-7 tonnellate ad ettaro dove è piovuto di più. Lorenzo Furini, di Confagricoltura Emilia Romagna, fa sintesi: "La resa si è assestata complessivamente sulle 5,5 tonnellate ad ettaro per il duro e sulle 6,2 tonnellate ad ettaro per il tenero, rispecchiando a grandi linee la media degli ultimi 10 anni in Emilia-Romagna. Quest’anno solo nel primo semestre il prezzo è salito mediamente a 409,62 euroton per il tenero di forza e 529,80 euroton per il duro. Incrementi tra il 70% per il tenero e l’88% per il duro rispetto alla quotazione media degli ultimi 10 anni: valori record". Malgrado la crisi climatica e l’effetto-rincari dei costi di produzione, il grano è un cereale sul quale bisogna continuare a investire.