Mercoledì 8 Maggio 2024

Vivere in eterno (in teoria) si può. Il segreto? Superare i 108 anni

Uno studio statistico basato sui dati Istat italiani: a quella quota c’è un anomalo picco di mortalità. Poi il rischio cala e si stabilizza, ma le probabilità di arrivare a 130 sono meno di una su un milione

Brad Pitt e Tilda Swinton nel film 'Il curioso caso di Benjamin Button'

Brad Pitt e Tilda Swinton nel film 'Il curioso caso di Benjamin Button'

È proprio indispensabile morire? E posto che lo sia, esiste un traguardo anagrafico strabiliante verso cui proiettare speranza o disperazione? Alla prima domanda un prete, un filosofo o un monaco zen risponderebbero che nascita e morte fanno parte della vita, quindi si tratta di un falso problema. Sulla seconda si pronunciano con qualche titubanza in più la scienza e adesso anche la statistica: un vero e proprio limite teorico non esiste. È possibile tirare avanti fino a 130 anni, forse spingersi anche più in là. Purché si passi oltre il collo di bottiglia dei 108. E qui la cosa si fa interessante: superata la trappola, dove si verifica un anomalo picco di mortalità, si può continuare a procedere felici sul filo della longevità, sempre che se ne colgano i vantaggi. A provarlo c’è un nuovo studio (basato anche su dati Istat italiani), guidato da ricercatori del Politecnico di Losanna e pubblicato su Royal Society Open Science. Buone notizie? Dipende.

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Dalla ricerca in cui sono stati studiati i supercentenari, cioè coloro che hanno superato i 110, è emerso che il rischio di morte aumenta progressivamente nel corso della vita per poi stabilizzarsi per ogni anno dopo i 108, indipendentemente dal sesso e dalla nazione. Il capo della ricerca Anthony Davison la spiega così: "Oltre i 110 anni pensare di vivere un altro anno è come lanciare una moneta. Arrivare a 130 equivale approssimativamente a ottenere testa per 20 lanci consecutivi. Non è impossibile, ma la probabilità è meno di 1 su un milione". E qui non si capisce perché anche gli esperti di statistica, dopo gli scienziati, siano talmente sadici da illuderci. Mettiamoci d’accordo: si può o non si può? A voi basta una conferma teorica? E cosa più importante: vi appassiona l’idea di spingere un girello in una casa di riposo?

Oggi sono mezzo milione le persone sul pianeta che hanno passato il secolo e il titolo di decana dell’umanità è difeso dalla giapponese Kane Tanaka, che a 118 anni esprime a ogni intervistatore l’intenzione di arrivare a 120. Al momento è la terza persona più longeva della storia dietro alla francese Jeanne Clament (122) e alla statunitense Sarah Knauss. Gode di ottima salute, fa brevi passeggiate nella struttura che la ospita, si diletta in calcoli e calligrafia. Beve molta acqua e si nutre di zuppe, riso e pesce. Poi si scola tre lattine al giorno di caffè in scatola e dorme come un bambino. Un altro studio, dell’università di Washington, assicura che entro il 2100 un’ampia fascia della popolazione varcherà la soglia dei 124. Parrebbe che dopo i 110 le probabilità di morire si stabilizzino perché si entra in uno stato in cui il tempo vissuto non conta più come prima. Se fino a quell’età si esposti a deterioramento cellulare e rischio di malattie, superata la fase critica è fatta.

Robert Silverberg, autore di utopie visionarie, ha scritto un magnifico racconto sulle conseguenze di spostare continuamente più in alto l’asticella. In ’Partenza’ il 2095 è la pacchia degli aspiranti immortali, si può tirare avanti quasi all’infinito, ma certo la cosa rischia di incrinare gli equilibri del pianeta. Henry Staunt, un brillante signore di 136 anni, accoglie così l’invito a togliersi di mezzo per fare spazio alle nuove generazioni. Ci sono le apposite ’Residenze di commiato’ dove tutto avviene fra musica classica e champagne. Sta benissimo, ma è un po’ annoiato. Si è stancato perfino di essere contento.