Giovedì 10 Ottobre 2024

Vallanzasca e l’ipotesi Rsa: "Malato e disorientato, peggiora". La Procura: non deve stare in cella

L’ex boss della mala milanese, condannato a quattro ergastoli, potrebbe uscire dal carcere. Attesa a giorni la decisione del tribunale di sorveglianza. È già stata individuata la struttura per le cure.

Vallanzasca e l’ipotesi Rsa: "Malato e disorientato, peggiora". La Procura: non deve stare in cella

Renato Vallanzasca, 73 anni

di Anna Giorgi

MILANO

Ancora qualche giorno. Un “niente“ da attendere rispetto al fine pena mai dei 4 ergastoli, per la precisione 296 anni di carcere da scontare, per Renato Vallanzasca, il protagonista della mala milanese degli anni ‘70 e ‘80. Il Tribunale di Sorveglianza si è riservato di decidere se, dopo mezzo secolo, trasferire in una Rsa il “bel René“, il bandito seduttore che ha ucciso, sequestrato e rubato, che oggi, dice chi lo conosce bene, è ormai "l’ombra di se stesso".

All’udienza, aperta al pubblico su richiesta dei difensori, Corrado Limentani e Paolo Muzzi, c’era anche lui. Ad accompagnarlo un amico, tutore legale, "un angelo custode" a detta dei difensori, che ha tenuto la mano appoggiata sulla sua spalla. La giudice Carmen D’Elia ha ripercorso tutte le relazioni, anche del servizio di medicina penitenziaria, che hanno dato conto in questi mesi delle condizioni di Vallanzasca. Condizioni che producono "paranoia, deliri notturni", "afasia", che l’hanno portato a cadere dal letto e, per questo, ad essere ricoverato più volte tra luglio e agosto. "Le sue condizioni non gli fanno nemmeno capire il senso della pena", hanno messo nero su bianco i difensori in una lunga memoria. Il neurologo del servizio di medicina penitenziaria a fine luglio ha segnalato che le "condizioni sono difficilmente compatibili col regime carcerario", e ancora che il detenuto "ha perso completamente il controllo", e deve essere trasferito in una struttura "per malati di Alzheimer". Così come avevano già segnalato i medici di Bollate, che in un ultimo accertamento avevano evidenziato che è "disorientato nel tempo e parzialmente nello spazio". Per questa "patologia senza soluzione" anche il sostituto pg Giuseppe De Benedetto ha chiesto il "differimento pena nella forma della detenzione domiciliare per la durata che il Tribunale riterrà opportuna".

Gli avvocati Muzzi e Limentani nel loro intervento hanno parlato di una malattia che per la prima volta si è manifestata "nel gennaio 2023" ed è da allora in "rapido e progressivo peggioramento", e di "un ambiente carcerario che peggiora il suo stato". Ci sarebbe già una struttura pronta ad accogliere Vallanzasca. La difesa è riuscita a raccogliere la disponibilità della "più grande struttura veneta che si occupa di malati di Alzheimer, ed legata alla Chiesa", si trova in provincia di Padova.

Ma l’ultima parola spetta solo alla Sorveglianza. Il romanzo giudiziario-criminale del Bel Renè conta tante pagine: è stato rinchiuso in 36 penitenziari, ha progettato o tentato la fuga (in alcuni casi gli è anche riuscita) da quasi ogni carcere in cui è stato. Nel 2010 con provvedimento della Sorveglianza gli è stato concesso di uscire dal carcere, 12 ore al giorno, solo per lavorare.

L’ex “Brighella del Giambellino“ ha fatto il commesso in una pelletteria, poi l’aiutante in un negozio di abbigliamento e ancora il commesso in una ricevitoria. Il 30 maggio del 2011 però il Tribunale ha sospeso Vallanzasca dal beneficio del lavoro esterno perché l’ex bandito avrebbe utilizzato il tempo libero non per lavorare, ma, pare, per ricucire un vecchio legame sentimentale. Ma non solo, purtroppo. "Io sono nato ladro" ha sempre detto con una punta di orgoglio E il “colpo“ che lo riporterà dritto in cella lo mette a segno il 13 giugno del 2014. Durante il regime di semilibertà tenta di taccheggiare abbigliamento e un sacco di concime in un supermercato. Fine della semilibertà. Vallanzasca torna definitivamente in isolamento. Sono passati altri 10 anni. Il bel Renè dagli occhi di ghiaccio non esiste più, oggi è un’altra persona.