Domenica 5 Maggio 2024

Tubi che fanno acqua, impianti bloccati Siccità e crisi energetica: di chi è la colpa?

Burocrazia, movimenti e interessi di parte hanno rallentato o fermato progetti cruciali, dai gasdotti alle dighe. La politica ha paura di decidere. Il risultato è che oggi non resta che razionare le forniture idriche ed elettriche

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di Pierfrancesco

De Robertis

Razionamento dell’acqua, razionamento del gas, razionamento dell’energia elettrica. Il dibattito pubblico ci sta regalando termini che credevamo espunti dal linguaggio comune e dalle possibilità di vita di tutti i giorni e ci interrogano se sia finito il modello di società consumistico come lo abbiamo conosciuto, modello basato sempre sulla crescita dei consumi. E, all’opposto, se aveva ragione Beppe Grillo quando partendo dall’assunto che la crescita a un certo punto deve finire, proponeva la exit strategy della ‘decrescita felice’. La risposta non è semplice, ma riassumiamo dicendo che la decrescita felice non è la risposta giusta. I razionamenti sono la malattia, non la cura.

Ma purtroppo appaiono come la cura obbligata quando la politica, specie in Italia, non offre risposte adeguate alla rapidità con la quale il mondo, inteso nella sua accezione geopolitica ma anche come universo fisico-ambientale, è cambiato e sta cambiando. Politica debole perché schiava della burocrazia, sotto ricatto dei comitati locali (proprio ieri a Piombino si è svolta una grande manifestazione contro il rigassificatore) oppure in preda all’ideologia del No a prescindere. Il decennio grillino, dai No-Tav ai No-Tap ha lasciato il segno, e non erano solo i grillini ma anche una parte più radicalizzata della sinistra (l’ultimo sussulto anti-Tap si è svolto solo due mesi fa in Salento, a crisi ucraina già scoppiata).

Prendiamo la siccità e i dissesti idrogeologici. Il problema è noto da almeno 1015 anni, ed è chiaro che senza la costruzione massiccia di invasi e opere idrauliche di recupero la situazione si fa più drammatica ogni anno che passa. Nonostante tutto, niente si è mosso. In Toscana servì la disastrosa alluvione di Firenze del ‘ 66 a dare l’impulso per creare la diga del Bilancino, di cui all’epoca già si parlava, che comunque non vide la luce prima del 1999. Trentatré anni. Gli oltre 500 grandi invasi presenti nel Paese si trovano attualmente nella maggior parte dei casi in uno stato di conservazione non buono, per cui le perdite si sommano a rischi idrogeologici non trascurabili e non permettono uno sfruttamento a pieno ritmo delle potenzialità esistenti.

Quando l’anno scorso Coldiretti e altre associazioni di agricoltori chiesero l’utilizzo dei fondi del Pnrr per la costruzione di mille nuovi invasi per l’irrigazione intervenne addirittura il Cai spiegando che in quel modo la montagna sarebbe stata deturpata a danno della pianura. Il tutto nonostante anche nel suo ultimo report Legambiente classifichi il nostro Paese tra quelli a rischio medio-alto per le perdite idriche e per la qualità delle acque a disposizione dei cittadini.

Sul gas la situazione non va troppo meglio. La politica ha troppo spesso messo in secondo piano la necessità di diversificare i fornitori e le fonti energetiche, di compiere un passo deciso verso il nucleare pulito (come fa la Francia). Ieri si è svolta a Piombino una manifestazione a cui hanno partecipato duemila persone contro uno dei due rigassificatori che arriveranno a breve Italia e allevieranno l’emergenza del prossimo autunno (l’altro sarà a Ravenna). In prima fila ovviamente i sindaci locali, che il rigassificatore non lo vogliono. Ma sul gas le incertezze non sono mancate. Solo nel febbraio scorso, a guerra ucraina in corso, si è iniziato a parlare di deroghe al piano regolatore Pitesai, ma quando nella primavera del 2021 il governo aveva parlato di riprendere le trivellazioni in Adriatico erano insorti i sindaci e gli ambientalisti al grido di "Addio turismo e vongole".

La morale è che la politica italiana negli ultimi venti anni (forse più) si è baloccata sul nulla, sul reddito di cittadinanza o sui bonus, alla perenne rincorsa dell’emergenza del momento. Senza programmare, senza decidere, senza rischiare. In una parola senza governare. Ma se non si governa alla fine arrivano i razionamenti. È la decrescita, che però potrà essere solo infelice.