Mercoledì 8 Maggio 2024

Strage in stazione

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Andrea

Zanchi

Quanti anni ha la memoria? I 22 di Sofia, Michael e Marcello? O i 30 e rotti di Dario? Oppure ancora i quarantadue che, implacabile, recita il calendario? Perché è vero, da quel 2 agosto 1980 in cui, alle ore 10,25, una bomba squarciò la sala d’aspetto della stazione di Bologna – e il cuore di un intero Paese – sono passati ormai quarantadue anni. Eppure, mai come oggi la memoria ha un’età relativa, impossibile da piegare e incasellare nelle categorie delle generazioni o delle epoche storiche. La prova è arrivata, ancora una volta, da quella specie di miracolo laico che ogni 2 agosto si svolge sotto le Due Torri nel raggio di un chilometro e mezzo: ossia lungo il corteo che da piazza Nettuno arriva alla stazione e ricorda – compostamente, civilmente, ma in modo inesorabile – chi ha perso la vita nell’attentato più grave della storia repubblicana, firmato dalla destra eversiva (Nar e Avanguardia Nazionale) con la complicità dei servizi segreti deviati.

Anche ieri, come negli anni passati, tra i completi scuri delle autorità e i gonfaloni, in quel corteo risaltavano i volti dei ragazzi. Nipoti o pronipoti di chi per quella bomba è morto o rimasto gravemente ferito, certo, ma anche cittadini comuni che non hanno perso il vizio della memoria. Perché solo così si riesce a portare avanti, nonostante tutto, una celebrazione come quella che Bologna vive ogni anno: partecipata, commossa e senza steccati. E solo così si riesce a trovare il terreno fertile per proseguire indagini che, mano a mano che ci si allontana dai fatti, sono sempre più difficili da avviare e da portare fino in fondo. La stessa tenacia permetterà di superare gli ostacoli che tengono ancora bloccata la legge che tutela i familiari delle vittime anche dal punto di vista economico e, prima o poi, di rimuovere i segreti che ancora avvolgono il contesto e i mandanti della strage. A patto, però, che tra le fila del corteo di ogni 2 agosto futuro, nelle scuole dove l’orrore stragista viene raccontato e tramandato, dentro le istituzioni e nei rapporti della società civile con esse, non siano tagliati fuori i giovani.

A giudicare dalle immagini del corteo di ieri, questo rischio è per il momento scongiurato. Quarantadue anni dopo, in una tranquilla e forse pacificata mattina di inizio agosto, possiamo davvero dire che aveva ragione Lidia Secci. La vedova di Torquato (primo presidente dell’associazione dei parenti delle vittime), riflettendo sulla difficoltà di dare un volto e un nome a chi aveva progettato e compiuto la strage in cui fu ucciso il figlio Sergio di appena 24 anni, aveva, già tanto tempo fa, una granitica certezza: "Hanno compiuto un solo errore i terroristi, uno solo ma l’hanno compiuto: quello di far scoppiar la bomba a Bologna". Una città che non dimentica.