La strage di Erba. Dalla faida per la droga ai testimoni mai sentiti: ecco le piste del pg

A 17 anni dal massacro la procura generale prova a far riaprire il processo. Nel mirino lacune investigative che oggi verrebbero alla luce. E i parenti delle vittime protestano sui social: "Speravamo fosse finita"

Olindo e Rosa

Olindo e Rosa

Erba (Como), 17 aprile 2023 – Due nuovi testimoni, il movente di una faida legata alla droga, prove mai acquisite all’epoca delle indagini, pertanto da considerarsi ’nuove’- secondo la consolidata giurisprudenza, infine tecniche investigative che, a distanza di 17 anni, si sono perfezionate e renderebbero meno incerte le basi di una nuova rilettura della strage di Erba. Gli elementi per chiedere la revisione del processo che ha portato a una condanna all’ergastolo Olindo Romano e Rosa Bazzi, ci sono tutti: ne è convinto il sostituto procuratore generale di Milano, Cuno Tarfusser, che chiede al pg Francesca Nanni e all’Avvocato generale Lucilla Tontodonati di ’aiutarlo’ a riaprire il caso, se non altro per amore della ricerca della verità.

Come? Appoggiando la sua richiesta e quindi inviando (atto che spetta all’avvocato generale dello Stato) il fascicolo alla Corte d’Appello di Brescia, unico organo competente a decidere sulla revisione o meno del processo. Parallelamente alla procura generale, anche la difesa dei coniugi Romano si sta muovendo in questo senso. Gli avvocati Fabio Schembri con i colleghi Luisa Bordeaux, Nico D’Ascola, Patrizia Morello in settimana depositeranno alla Corte d’appello di Brescia la loro domanda di revisione.

Due iniziative parallele che si basano sulle stesse prove. Le indagini difensive, accolte dal pg, hanno portato a rintracciare un uomo tunisino, (il nuovo testimone) finito in un’inchiesta della Guardia di finanza e legato in affari con il fratello di Azouz Marzouk (marito di Raffaella Castagna e padre del loro bimbo Youssef di 2 anni), che avrebbe offerto una pista alternativa: un regolamento di conti tra bande rivali, legato al mercato dello spaccio, che sarebbe sfociato nell’agguato all’interno dell’appartamento di via Diaz in cui, secondo il suo racconto, venivano nascosti droga e soldi. L’uomo, poi arrestato per traffico di stupefacenti, faceva parte del gruppo dei fratelli di Azouz Marzouk. Un secondo testimone, aggiunge l’avvocato Schembri, è "un ex carabiniere che riferisce di lacune investigative sui momenti topici delle intercettazioni ambientali". Stando al sostituto pg, il riconoscimento fatto da Frigerio che indicava in Olindo il suo carnefice sarebbe poi una "falsa memoria" e la confessione di Olindo e Rosa ottenuta con "errate tecniche di intervista investigativa". Dubbi anche sulla macchia di sangue trovata sull’auto di Olindo.

Il team di legali dei Romano, nella relazione che depositeranno alla Corte d’Appello, smontano così le confessioni di Olindo e Rosa: "Il perché delle loro dichiarazioni è spiegato dalle intercettazioni ambientali in carcere – aggiunge Schembri –. A dialogare sono due persone particolari: Rosa Bazzi ha un ritardo mentale, mentre il marito le parla di confessione, attenuanti, rito abbreviato, benefici, ritorno a casa. Lei quasi gli dà sulla voce, chiede cosa ci sia da confessare se non sono stati loro, dice che andrà a casa e si butterà sotto un treno". E ancora Schembri: "Il Ris non ha trovato niente di loro in casa delle vittime e niente delle vittime in casa loro, prova clamorosa dell’innocenza di Olindo e Rosa". E se adesso Olindo e Rosa sperano, chi resta sicuro della loro colpevolezza sono Pietro e Giuseppe Castagna, che nella strage persero mamma sorella e nipote. Per noi "la verità è una sola" avevano scritto nel 2018 in un lungo messaggio ripostato ieri su Facebook: "Speravamo fosse finita ma ci risiamo".