Lunedì 29 Aprile 2024

Siamo ostaggi di un usurpatore misterioso

Viviana

Ponchia

Ladro di memorie, di anni. L’usurpatore impunito che tiene in ostaggio tua madre: ti chiamava stellina, ti riconosceva dai passi. Adesso quando saluta dice: grazie per la visita, signora. E poi torna là dove si è persa, forse intrappolata nella sua casa di bambina. Nel film “Still Alice“, alla diagnosi di Alzheimer Julianne Moore inventa una gerarchia blasfema: preferirei avere un cancro. Perché quello sarebbe un nemico vero. Con nome e cognome, specialisti, cure lanciate al galoppo. Una schifezza piena di incognite ma a suo modo leale: mi faccio riconoscere, ti lascio la possibilità di biasimarmi. L’Alzheimer è una sciagura misteriosa e di rimbalzo. Toglie le sillabe e la ragione a chi ne è colpito però annienta chi gli sta vicino. Sopravvivono in noi, nei nostri tentativi di ricordare chi erano. Lasciandoci nel dubbio che siano davvero prigionieri e abbiano paura. Ieri è stata la giornata mondiale di una malattia che riguarda 55 milioni di persone ma che secondo le stime nel 2050 segnerà il destino di un essere umano su 85.

Ogni 21 settembre siamo costretti a ricominciare da capo, dal punto in cui si mosse nel 1906 il neuropatologo tedesco Alois Alzheimer. Non esistono terapie definitive, solo farmaci tampone. E la ricerca di spiegazioni langue in quanto la cosa muta, nonostante sia nota la sua componente genetica. Un recente studio italiano ha chiarito che non è uguale in uomini e donne aprendo la strada a cure personalizzate in base al sesso. Dal Canada viene lanciata l’ipotesi che non si tratti di una malattia del cervello ma del sistema immunitario interno a esso: in caso di infezione batterica si crea un equivoco e chi dovrebbe combattere gli invasori se la prende con i neuroni. Siamo messi così, procediamo a tentoni. E li perdiamo con il contagocce, negli anni, su una poltrona o nei corridoi di un istituto, perché il nemico non ha fretta.