Polemiche inutili che non aiutano neppure la destra

Pierfrancesco

De Robertis

attacco di via Rasella e il ruolo dei partigiani "rossi" durante la Resistenza sono due dei principali nervi scoperti che si trova ad affrontare chi ogni tanto prova a costruire una lettura più possibile unitaria dei difficili anni della Liberazione. Nonostante in tribunali italiani lo abbiano considerato un "atto di guerra legittimo", l’assalto al battaglio Bozen è stato definito dalla storica di sinistra Anna Rossi Doria (nuora di Leone Ginzburg, ucciso a Regina Coeli dalle SS) "il caso paradigmatico italiano di memoria divisa più rilevante della nostra storia". Lo stesso Mario Fiorentini, uno dei partigiani comunisti organizzatori dell’attentato, negli anni ’90 osservava sconsolato come "a Roma, se interpelli dieci persone su via Rasella, tre capiscono il punto di vista dei gappisti e lo sostengono, due non sanno che dire, e cinque sono contrari". Segno di una memoria appunto divisa, al di là della verità storica che i tribunali, come detto, hanno ricostruito più volte.

Sensibilità ben chiare al presidente del Senato Ignazio La Russa che però alla vigilia del 25 aprile ha sentito il bisogno di mettere il dito in una piaga per nulla rimarginata. Così, tanto per preparare al meglio la prima Festa della Liberazione della Destra di governo, pochi giorni dopo le altre polemiche sulle frasi di Giorgia Meloni sulle Fosse ardeatine.

Un’uscita, quella di La Russa, di cui si fatica a comprendere il significato. Dal punto di vista storico non aggiunge nulla a polemiche lunghe 80 anni, dal punto di vista politico avvelena un dibattito che meriterebbe di essere elevato su temi più concreti. L’errore è poi anche tattico, perché regala preziose frecce all’arco della sinistra per il resto abbastanza sguarnito. Da tempo la sinistra ha sostituito l’anticapitalismo con l’antifascismo, e permetterle agibilità politica sul suo terreno preferito finisce per essere un omaggio quasi immeritato. La destra si sgola a sostenere che non esiste più un pericolo fascista. Sicuramente è così. Ma chi siede ai vertici delle istituzioni o dei partiti, specie se proviene da una storia in cui ha militato chi di quegli anni ha posseduto un giudizio inaccettabile per una repubblica democratica, deve essere il primo a guardare avanti con occhi che di quelle ferite non conservano un ricordo.