Sabato 4 Maggio 2024

Ora le riforme La vera sfida parte dal 2023

Raffaele

Marmo

Una manovra messa in piedi in corsa non poteva essere, in fondo, che una manovra di ordinaria manutenzione dei conti pubblici. Ma, passata la fase di abbrivo e di rodaggio, da gennaio il governo Meloni dovrà mettere mano sul serio a quelle riforme strutturali che faranno la differenza tra il lasciare il segno e il vivacchiare. La legge di Bilancio per il 2023 andrà archiviata per quello che è e che non poteva che essere. Con buona pace delle opposizioni (che, beninteso, fanno il loro mestiere), la prima manovra del governo Meloni è la prosecuzione, con qualche minimo segno identitario, di quelle realizzate con più provvedimenti da Mario Draghi nel corso del suo esecutivo. E, del resto, non a caso nella prima intervista dalla fine del mandato, l’ex presidente del Consiglio ha definito Giorgia Meloni "premier abile", mentre del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, non ha avuto bisogno di dire niente: tutti sanno che è stato il più draghiano della precedente compagine governativa.

Con l’inizio del 2023, però, lo schema di gioco è destinato a cambiare. Ci sono almeno cinque-sei dossier sui quali si giocherà la credibilità riformatrice della leader di Fratelli d’Italia, oltre che (e innanzitutto) la stessa "riuscita" del Pnrr.

L’Italia che verrà, l’Italia che avremo nei prossimi anni, dipenderà ampiamente dalla capacità, non rinviabile, di intervenire strutturalmente sulla previdenza, il welfare, il fisco. Così come saranno altrettanto determinanti le azioni di riforma della giustizia, della Pubblica amministrazione, della semplificazione burocratica del rapporto Stato-imprese e Stato-famiglie, della capacità di avviare e realizzare in tempi appropriati le grandi (e meno grandi) opere nell’energia e nelle infrastrutture delle quali il Paese ha fame. Un lavoro immane, certamente, ma un lavoro sul quale Meloni si gioca la leadership di un intero decennio.