Sabato 20 Aprile 2024

Non ripudia il passato, Vallanzasca resta in cella

La Cassazione nega la semilibertà all’ex bandito: "È inaffidabile, ha avuto premi e benefici sempre revocati per cattiva condotta"

di Mario Consani

Quattro ergastoli e tre evasioni. Mezzo secolo trascorso in cella e due divorzi. Dovrà restare dentro Renato Vallanzasca, l’ex bandito del quartiere Comasina, oggi 71enne con un’intensa vita da fuorilegge dietro le spalle. Per la Cassazione, che ha respinto l’ennesimo ricorso della sua difesa, non è ancora il momento per lui, detenuto nel carcere milanese di Bollate, di ottenere la libertà condizionale o almeno la semilibertà dopo aver perso tutto a causa dell’ultima rapina – due mutande, un paio di cesoie e del concime per un valore di 66 euro – tentata in un supermercato di Milano nel giugno di 7 anni fa. Ad avviso della Cassazione – e nonostante il parere favorevole ai benefici espresso dall’equipe di educatori che segue Vallanzasca da quando la semilibertà gli è stata revocata – i comportamenti dell’ex bandito non dimostrano ancora "il definitivo ripudio del passato stile di vita e l’irreversibile accettazione di modelli di condotta normativamente e socialmente conformi".

Incorreggibile, insomma. Del resto, leggenda vuole che la sua carriera inizi da bambino quando con un compagno cerca di far uscire da una gabbia la tigre di un circo vicino casa sua. Il giorno dopo finisce nel carcere minorile Beccaria. Durante l’adolescenza nel quartiere del Giambellino forma una banda di piccoli delinquenti dediti a furti e taccheggi e una volta cresciuto la sua gang si contrapporrà a quella di Francis Turatello. Grazie a furti e rapine, Vallanzasca accumula ricchezze e si preoccupa di ostentarle con un tenore di vita sfarzoso. Nel ’72 il primo arresto, con vari tentativi d’evasione da San Vittore. Cambia decine di penitenziari per risse, pestaggi, sommosse. Riesce a farsi ricoverare in ospedale e da lì evade nel ’76. Ricostituita la banda, metterà a segno una settantina di rapine con una lunga scia di omicidi, tra cui quelli di due poliziotti, un medico e un impiegato di banca. Ma si dedica anche ai sequestri di persona e una delle sue vittime è Emanuela Trapani, figlia di un imprenditore milanese, liberata dietro il pagamento di un riscatto di un miliardo di lire. L’uccisione di due uomini della polizia stradale, che in un posto di blocco fermano per un controllo la sua auto, segnerà la fine della sua carriera criminale. Ferito e braccato si rifugia a Roma, ma dopo pochi giorni viene catturato. In carcere si sposa con una delle tante ammiratrici che gli scrivono, e l’anno dopo evade rocambolescamente da San Vittore prendendo in ostaggio un brigadiere e scappando nei tunnel della metropolitana di Milano, dove poi viene ricatturato. È del ’87 l’evasione forse più famosa, attraverso un oblò del traghetto che da Genova avrebbe dovuto portarlo in Sardegna, destinato al carcere duro di Nuoro. Ad agosto, dopo 20 giorni di libertà, viene fermato a un posto di blocco a Grado. Tenterà altre fughe, senza più riuscire.

Nel 2005 dopo aver usufruito di un permesso speciale di tre ore per incontrare l’anziana madre, presenta richiesta di grazia, che mai gli verrà concessa. A partire dal marzo 2010 Vallanzasca può però uscire dal carcere di Opera per lavorare all’esterno. Lo farà in una pelletteria e in un negozio di abbigliamento nella Bergamasca. Beneficio sospeso perché negli intervalli si incontrava segretamente con una donna. In carcere si sposa per la seconda volta, con un’amica d’infanzia da cui divorzia tre anni fa. Poi la semilibertà, ma subito il furto di mutande e concime al supermercato. Forse il segno dei tempi.