M5s caos, maggioranza divisa E Salvini apre a Conte

Effetti del voto sul Mes, quattro deputati dissidenti lasciano il Movimento. Renzi e Zingaretti in pressing sul premier. La Lega offre collaborazione

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di Elena G. Polidori

Le scorie di quello che è accaduto al Senato sul voto per il Mes rilasciano ancora veleni nella maggioranza. Ed è come se si fosse rotto un incantesimo nella compagine di governo, con i 5 Stelle che perdono ancora pezzi, Renzi che resta all’offensiva (pretestuosa, sostengono i ministri del Pd) e il premier Conte che canta vittoria: "Ieri c’è stato un passaggio parlamentare che ha sancito la coesione delle forze di maggioranza".

Una situazione caotica, insomma, come di pezzi in ordine sparso, a cui il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, quasi come un arbitro, ha cercato di mettere fine. Lanciando un avvertimento chiaro: il Pd non partecipa a dispute interne al governo. E se c’è qualche problema, questo va messo sul tavolo e va risolto: "Ricomporre le differenze per continuare degnamente a guidare il Paese non è una perdita di tempo", scrive Zingaretti. C’è, in queste parole, una richiesta di maggiore collegialità nelle decisioni di Palazzo Chigi, quindi un problema di metodo, ma anche di merito, il Recovery va costruito coinvolgendo le forze sociali e politiche. Bisogna "evitare – si sostiene al Nazareno – che prevalgano interessi di partito". Facile a dirsi. Perché il problema, ancora una volta, riguarda soprattutto la tenuta del partito di maggioranza relativa, ovvero i 5 Stelle. Che anche ieri, dopo il voto al Senato, hanno perso altri pezzi. Altri 4 deputati hanno deciso di lasciare il gruppo grillino per passare al Misto, mentre altri due, già passati a suo tempo al Misto (Paolo Lattanzio e Michele Nitti) si sono diretti dritti nelle braccia del Pd.

In questo caos si incunea Matteo Salvini, che a Conte fa sapere "noi ci siamo, confrontiamoci" anche su come gestire i fondi europei, provando così a mettere pressione al governo.

Il voto sul Mes è per i i fuoriusciti Fabio Berardini, Carlo de Girolamo, Mara Lapia e Antonio Lombardo, d’altra parte, "l’ultimo tradimento" del programma elettorale con cui il Movimento si è presentato alle politiche del 2018, quelle del 33%. Ma dall’inizio di questa legislatura i cambi di casacca 5 Stelle sono stati ben 47 e la credibilità sta sfiorando il minimo storico. Il clima è diventato talmente tossico che "non mi riconosco più in questa forza politica" si lamentava ieri Berardini. E sulla ‘mitica’ democrazia diretta su Rousseau: "Si vota solo quando fa comodo, magari con quesiti preconfezionati" mentre "le decisioni si prendono in stanze ristrette, i cosiddetti ‘caminetti’". Al Senato la situazione appare anche più complicata: alla fine sarebbero ben 12 gli effettivi ‘dissidenti’, una ’falange’ davvero pericolosa per il governo.