Fa presto a tirare le somme del fisco oppressivo, Matteo Musacci, titolare del Ristorante Apelle di Ferrara: "Un’azienda come la mia, con 8 dipendenti nel centro storico di Ferrara, paga i contributi e le imposte per i dipendenti (Inps e Irpef), oltre ai miei personali, le tasse annuali Irap e Ires, l’Iva al 10%, la tassa di occupazione di suolo pubblico per il dehor, la Siae per i diritti d’autore e Scf, con la tassazione connessa. Senza contare il canone Rai, la tassa annuale sull’insegna, il canone Pos con i costi di commissione, la tassa sui rifiuti. E sicuramente dimentico qualcosa. Alla fine, il 65% del fatturato se ne va in tasse".
Il fisco, dunque, continua a essere la prima causa di freno della ripresa post-pandemia?
"Certo. Ma quello delle tasse non è l’unico dei problemi. Ora abbiamo difficoltà a reperire il personale specializzato. Oltre al ristorante io e la mia famiglia abbiamo una catena di forni con con 8 punti vendita, stiamo lavorando per aprire il nono e a breve anche una trattoria. Sto cercando personale e sa una cosa?".
Non lo trovate?
"Per il forno siamo sommersi dalle richieste, un centinaio in una settimana, per la trattoria solo cinque. Il lavoro del fornaio è più duro ma ha turni ben definiti. Durante la pandemia i fornai non hanno mai chiuso: questo tipo di lavoro offre oggi più garanzie, Covid o non Covid. Molti addetti che lavoravano in bar e ristoranti sono andati verso altri settori e altre soluzioni lavorative più produttive".
Qual è la soluzione per attrarre giovani?
"È necessario rendere la nostra professione più attrattiva: direi stipendi più alti e tasse più basse".
Claudia Marin