Giovedì 2 Maggio 2024

Lo scaricabarile davanti al giudice Funivia, il gestore torna in libertà

Gli indagati si accusano a vicenda durante gli interrogatori. Va ai domiciliari solo il capo operativo Tadini

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di Giambattista Anastasio

Tutti contro tutti. Le uniche ammissioni sono arrivate da Gabriele Tadini, capo operativo della funivia che collega Stresa al Mottarone. Luigi Nerini, proprietario della Ferrovie del Mottarone, la società che gestisce l’impianto di risalita, ed Enrico Perocchio, direttore dell’esercizio, invece hanno scaricato ogni responsabilità. Nerini ha fatto sapere che non rientrava nei suoi compiti prendere decisioni sulla sicurezza della funivia ma spettava a Perocchio e Tadini. Perocchio non ha esitato a parlare di "scelta scellerata" di Tadini. Dichiarazioni che vanno a contestare i due punti salienti della ricostruzione degli inquirenti: che tutti e tre sapessero e avessero condiviso la decisione di lasciare inseriti i forchettoni sulla parte alta della cabina numero 3 della funivia, sulla quale domenica scorsa hanno perso la vita 14 persone, e che tale decisione fosse stata presa per non fermare l’impianto e non perdere incassi.

Dichiarazioni che evidentemente hanno convinto il gip della procura di Verbania, Donatella Banci Buonamici, a non convalidare – per mancanza di elementi probatori – l’arresto di Nerini e Perocchio, che tornano liberi, e ad attenuare la misura cautelare nei confronti di Tadini, che da ieri notte è ai domiciliari. "Sono contento", è stata la reazione a caldo di Nerini. Tutti e tre erano in carcere da mercoledì. Il primo ad essere sentito è stato Tadini. "Ha risposto in maniera compiuta – fa sapere il suo legale, Marcello Perillo –. Ha confermato le sue responsabilità, ha ammesso di aver inserito il forchettone". Ha detto che quella scelta è stata fatta anche il giorno prima e più volte nell’ultimo mese. Ed è stata fatta per ovviare ai rumori sospetti, a malfunzionamenti ripetuti. Un intervento che, ha precisato Tadini davanti al gip, non può aver causato il cedimento della fune: "Non sono un delinquente. Non avrei mai fatto salire persone se avessi pensato che la fune potesse spezzarsi", ha detto al giudice. Ma i forchettoni hanno impedito che scattassero i freni di emergenza. "È distrutto – fa sapere Perillo a proposito del suo assistito –: da 4 giorni non mangia e non dorme, il peso di questa cosa lo porterà per tutta la vita". Perocchio ha invece smentito tutto. "Non sapevo dell’uso dei forchettoni – ha detto al gip –. Non salirei mai su una funivia con le ganasce inserite. Quella di usare i forchettoni è stata una scelta scellerata di Tadini". Una scelta di cui Perocchio ha detto di essere venuto a conoscenza solo domenica: "Alle 12.09 del giorno dell’incidente ho ricevuto da Tadini una telefonata in cui veniva detto: ‘Ho una fune a terra, la fune è nella scarpata, avevo i ceppi su’". L’avvocato Andrea Da Prato ieri ha fatto presente che Perocchio, prima del fermo, "aveva chiesto via mail di essere sentito dagli inquirenti, si era presentato spontaneamente alla caserma dei carabinieri di Stresa, ma è stato fermato senza essere mai stato ascoltato, sulla base di una dichiarazione di Tadini breve e generica". Infine Nerini. "Lui non poteva fermare la funivia, sulla sicurezza decidono altri, la sicurezza non è affare dell’esercente. Per legge erano Tadini e Perocchi a doversene occupare": questo ha detto Nerini al gip secondo quanto riferito dal suo legale, Pasquale Pantano. Una tesi che che il gip deve aver accolto, considerata la scelta della scarcerazione. Il proprietario della società di gestione dell’impianto ha spiegato "che non aveva nessun interesse a non riparare la funivia". Da qui il monito dell’avvocato: "Non dite che ha risparmiato sulla sicurezza. Sapeva del problema al sistema frenante ma anche che era stata chiamata per due volte la manutenzione". Nerini, secondo il legale, "avrebbe avuto più interesse a bloccare ora la funivia per fare dei lavori, piuttosto che in alta stagione, quindi non ha agito per interessi", come sostenuto dalla procura di Verbania.