di Claudia Marin Prezzi alle stelle e stipendi al palo. L’inflazione vola, con l’incremento del 4,8 per cento a gennaio, il più alto dal 1996, e le famiglie – anche quelle che hanno investito in titoli di Stato – diventano ancora più povere. L’energia fa da combustibile alla "fiammata", nonostante i tentativi messi in campo per calmierare le tariffe e gli annunci, tutti da verificare, di nuovi interventi per circa 5 miliardi. E la realtà emerge drammatica e chiara: con questi numeri e trend la ripresa vera potrebbe essere a rischio. Sempre più italiani arrancano a sbarcare il lunario con salari che restano cristallizzati a decenni passati e non risolvono la vita negli anni del Covid e dei suoi paradossi economici. I sindacati sono perciò pronti ad aprire la questione salariale, chiedendo un adeguamento dei trattamenti al costo della vita. "I prossimi rinnovi contrattuali dovranno tenere conto del taglio del potere d’acquisto dei salari in via di peggioramento causa il rialzo dell’inflazione e quello dei costi dell’energia", sintetizza Pierpaolo Bombardieri, numero uno della Uil. "Bisogna fronteggiare l’inflazione, favorire la crescita salariale, arrestare la corsa dei prezzi dell’energia che sta schiacciando il potere d’acquisto delle famiglie e mettendo in ginocchio centinaia di piccole imprese. Occorre un nuovo piano energetico nazionale", avvisa Luigi Sbarra, leader della Cisl. "Pandemia salariale e sociale" è la cifra del momento che viviamo per il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini: "Non solo l’inflazione si sta mangiando i salari, ma oggi chi lavora è povero". Nei giorni scorsi, d’altronde, l’Istituto di statistica aveva già lanciato un chiaro allarme sullo squilibrio tra prezzi e retribuzioni: nel 2021 la crescita delle retribuzioni contrattuali orarie si è fermata allo 0,6% annuo, rimanendo in linea con quella del 2020. A pesare sulla tenuta salariale rispetto al costo della vita è la corsa dell’inflazione ...
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