Martedì 22 Aprile 2025
SOFIA ZUPPA
Cronaca

L’eccidio di San Polo. La nipote del carnefice: vi abbraccio, perdonateci

Ottant’anni fa le truppe tedesche torturarono e uccisero 65 persone nell’Aretino. Ewert, parente del responsabile nazista, incontra i discendenti delle vittime. .

L’eccidio di San Polo. La nipote del carnefice: vi abbraccio, perdonateci

Si è inginocchiata davanti al cippo che ricorda le 65 vittime della strage nazista di San Polo, sulle colline di Arezzo, avvenuta il 14 luglio 1944, quarantotto ore prima della Liberazione del capoluogo. Laura Ewert, nipote del colonnello Wolf che ordinò la strage, nota giornalista in Germania, è arrivata da Berlino per "ascoltare e capire", come lei stessa ha detto parlando in chiesa, al termine della messa celebrata da don Natale Gabrielli.

"Credo fermamente che l’incontro e il dialogo possano essere curativi. Mi preoccupa molto la volontà di capire. Riconoscere l’altro, il suo dolore, è una condizione necessaria per la comprensione e la comunicazione. Parliamo insieme del dolore. Dovrebbe ricordarci di proteggere la coesistenza pacifica con tutte le nostre forze", ha detto. È la prima volta che un parente dell’autore di una strage riconosca le colpe e rivolga le sue scuse ai discendenti delle vittime. Come spiega il giornalista Udo Gümpel che ha intervistato molti boia nazisti: "Spesso gli stessi esecutori non hanno raccontato ai familiari quello che è veramente successo e quando sono stati scoperti hanno negato".

Una settimana fa, nel corso di un convegno sulle stragi dimenticate si è scusata con tutta la comunità, promettendo di recarsi sul luogo della strage per la ricorrenza.

Accolta da lacrime e abbracci, ha deposto dei fiori davanti al cippo che ricorda le vittime e ha tenuto un discorso durante la messa in ricordo delle vittime, in cui ha ribadito l’importanza di mantenere viva la memoria.

La comunità ha apprezzato molto il gesto della giornalista, la quale ha ascoltato attentamente tutte le loro storie, come quella di Marzia Mercantini, che nella strage ha perso uno zio di soli venti anni: "È un grande passo in avanti quello compiuto grazie al pentimento di questa donna, non lo dimenticheremo".

Una giornata storica che vuole essere anche monito per il futuro. Era il 14 luglio 1944 quando gli uomini dell’esercito tedesco, guidati proprio da Ewert e da un reparto della 305esima divisione di fanteria, guidata dal generale Hauck, rastrellarono decine di persone e diedero alle fiamme le abitazioni.

I tedeschi fecero prigionieri sessantacinque tra civili e partigiani, tra loro anche dei bambini e una donna incinta. Portati a Villa Mancini, furono torturati e poi condotti a Villa Gigliosi, dove furono costretti a scavare le fosse in cui furono sotterrati semi vivi e dilaniati a colpi di dinamite. Palmirio Severi, dell’Associazione nazionale bersaglieri racconta commosso che suo padre ebbe l’arduo compito di recuperare ciò che restava dei corpi: "C’erano brandelli di carne attaccati agli alberi".