SALVATORE
Cronaca

La stabilità e l’equilibrio dei poteri

Questo articolo esamina le differenze tra presidenzialismo e premierato, due possibili opzioni di riforma costituzionale che potrebbero dare stabilità e forza ai governi italiani. Esamina inoltre la possibilità di una versione semipresidenziale francese e l'elezione diretta del premier, che escluderebbe la possibilità di sostituire il premier durante la legislatura.

Vassallo

Per ora del progetto di riforma costituzionale che dovrebbe dare stabilità e forza ai governi italiani conosciamo solo poche parole vaghe, anzi una sola: premierato. Quella parola qualcosa dice perché sembra certificare l’esclusione dell’altra, il presidenzialismo, centrale da sempre nel messaggio di tutti i partiti della Fiamma (Msi-An-FdI), risuonata con apparente determinazione nelle dichiarazioni di Giorgia Meloni fino a ieri. Nei sistemi presidenziali gli elettori eleggono il capo del governo e, parallelamente, il Parlamento: ciascuno per un mandato di durata fissa. Il parlamento non può sfiduciare il presidente e il presidente non può sciogliere il parlamento. Giorgia Meloni usava in realtà quel termine per evocare una strana versione del cosiddetto semipresidenzialismo francese: un sistema con elezione diretta del Presidente della Repubblica, che però rimane tecnicamente parlamentare, in quanto il parlamento può sfiduciare il governo voluto dal presidente, e il presidente può sciogliere il parlamento.

Lo slittamento dal presidenzialismo al premierato sembra indicare che verrebbero conservati per l’inquilino del Quirinale la modalità di elezione e (almeno formalmente) i poteri che la costituzione vigente gli assegna. D’altro canto, dentro il termine premierato possono ricadere varie soluzioni che favoriscono la formazione e la stabilità di governi espressione del risultato elettorale, oppure una vera e propria elezione diretta del premier.

La differenza di fondo tra le due opzioni è netta: la seconda – di cui non esistono esempi nelle democrazie contemporanee - esclude in radice che il premier possa essere sostituito nel corso della legislatura: se il premier deve essere un eletto dal popolo, in caso di crisi si può solo tornare al voto. L’elezione diretta azzera quindi – insieme alla flessibilità del regime parlamentare – il ruolo del Quirinale.