Giovedì 25 Aprile 2024

La nipote di Paolo VI "Incontrai Benedetto Dolce e attento a tutti, proprio come mio zio"

Chiara Montini rievoca la visita di Ratzinger nel novembre 2009 "È stato affabile, ha avuto una parola per ogni membro della famiglia. Ho rivisto in lui lo stesso sguardo che aveva Giovanni Battista"

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di Gabriele Moroni

Incontrare un Papa, con la reverenza, il sottile timore che poteva incutere la figura del teologo rigoroso, del grande intellettuale, e trovarsi invece una immagine che rimandava quella tenera e premurosa del grande zio: lo "zio Papa". Chiara Montini, nipote di Paolo VI (è figlia del fratello Francesco), rievoca quella giornata e l’incontro suo e dei familiari con Benedetto XVI.

Il primo ricordo qual è?

"È un ricordo che precede la visita di papa Ratzinger. La sua venuta a Brescia è legata a un impegno per lo zio Paolo VI che ho iniziato proprio allora. Mancava circa un mese all’arrivo del Papa e per la prima volta mi era stato chiesto di parlare in pubblico dello zio. Grazie alla venuta di papa Ratzinger ho recuperato dei ricordi che avevo riposto in un cassetto. L’avevo fatto un po’ per timidezza e un po’ perché lo zio era una figura talmente grande... La riservatezza è una caratteristica della famiglia Montini. Questo, però, non andava bene".

Cioè?

"C’era un’eredità da trasmettere non soltanto ai miei familiari, ma anche a una città che prima non era stata molto gentile nei confronti di Paolo VI. Le cose sono cambiate dopo la visita di Papa Benedetto. È andata così, che ho parlato davanti ai giovani universitari, al Centro Paolo VI di Brescia. È stata la prima volta. Da allora ho incominciato a interessarmi alla figura dello zio Papa. Nonostante la mia timidezza, ho pensato che fosse doveroso portare la testimonianza della famiglia a quanti non avevano conosciuto Paolo VI".

Ed è arrivata quella domenica 8 novembre 2009. Una domenica di grande pioggia.

"Nella mattinata in piazza Paolo VI, a Brescia, eravamo sotto il diluvio. Ci siamo bagnati tutti e nessuno si è ammalato. Nel pomeriggio papa Benedetto era a Concesio per inaugurare l’Istituto Paolo VI. Il progetto originario lo prevedeva nel vecchio seminario vescovile di Brescia, ma lo spazio non era sufficiente. Il cugino, l’ingegner Vittorio Montini, aveva donato la casa natale del Papa e il terreno su cui era stato costruito ex novo l’Istituto Paolo VI. Un grande edificio che oggi ospita la biblioteca del Papa, l’archivio con la sua corrispondenza non solo con i familiari, ma anche quella con tutte le persone con cui era stato in contatto, fin dai tempi in cui era assistente della Fuci, la Federazione degli universitari cattolici. In più l’archivio del fratello Lodovico e quella del fratello Francesco, mio padre".

Aveva già conosciuto Papa Benedetto?

"Non l’avevo mai incontrato. Conoscevo la sua figura all’interno della Chiesa. È stata una emozione grandissima. Poteva sembrare una personalità fredda, uno studioso chiuso in se stesso. Al contrario. Ho visto una persona di una grande dolcezza, mitezza, finezza, umanità. È stato molto affabile con me, con i miei figli, con tutti noi. Molto affettuoso. Mi pareva di rivedere l’attenzione che mio zio aveva nei confronti della persona che aveva davanti, qualunque fosse la sua posizione sociale, il suo rilievo intellettuale. Poteva esserci una folla, potevano esserci intorno tante altre persone, allo zio Paolo VI interessava quella con cui parlava. Lo sguardo, gli occhi negli occhi. L’ho rivisto quel giorno in Papa Ratzinger. Eravamo numerosi della famiglia. Lui ha avuto una parola per ognuno di noi. Quando mi sono presentata come nipote di Paolo VI, figlia di un fratello, il pontefice ha sorriso e mi ha detto: ‘Grande Papa’. All’Istituto ha parlato della figura di Montini. È stato chiaro e nello stesso tempo profondo. Lo ascoltavamo ed eravamo colpiti e commossi".

Che cosa pensa che accomuni Paolo VI e Benedetto XVI e in cosa le due figure sono diverse?

"Non so quali possano essere le differenze. Vedo una continuità nell’impegno per portare avanti gli insegnamenti del Concilio e insieme quello per ribadire certi principi. Con fermezza. Una fermezza che non è l’intransigenza del conservatore".