Lunedì 6 Maggio 2024

La linea Meloni più europeista di quella Salvini

Raffaele

Marmo

Due direttrici e due chiavi di lettura: aperturista sui flussi e sugli ingressi, dura con gli scafisti e, in parte, con i clandestini. È lungo questo delicato e difficile crinale che si muove Giorgia Meloni per uscire dalla tragedia di Cutro e dal caso Piantedosi (Salvini).

La premier, in realtà, ha dovuto e deve fare i conti non solo con il fuoco di fila dell’opposizione, rinvigorita dall’elezione di Elly Schlein, ma anche con le spinte e le spine interne alla sua maggioranza. E non è detto che i j’accuse della leader del Pd e dei suoi uomini siano gli attacchi più complicati e pericolosi da fronteggiare.

Anche solo a considerare la giornata di ieri, è stato evidente lo scontro tra il capo della Lega e il Ministro della Difesa, Guido Crosetto, sulla cosiddetta vigilanza marittima, da affidare alla Marina militare o alla Guardia costiera. E poco è servito il gettare acqua sul fuoco della stessa Meloni: dietro lo scontro c’era e rimane tutta la differenza di impostazione sulla gestione dell’immigrazione che sta emergendo tra la vecchia concezione securitaria dei decreti sicurezza di matrice salviniana e la nuova e più europeista e realista linea della premier. Così come non può passare inosservata l’uscita dello stesso Silvio Berlusconi in chiave paternalista-umanitaria. Eppure, il risultato del provvedimento, alla fine, continua comunque a essere il frutto di quell’approccio gradualista che la stessa Meloni ha seguito anche nella politica economica. E così la doppia linea, rigorista con gli scafisti e legalitaria con gli immigrati e con i loro Paesi di provenienza, si presenta come una sorta di corollario geopolitico anche rispetto all’approccio che la premier persegue, in materia di energia, nell’area cruciale del Mediterraneo, in quello che ha definito Piano Mattei. C’è una visione non peregrina o incidentale dietro la politica sull’immigrazione di Palazzo Chigi. Nonostante gli alleati e l’opposizione.