Mercoledì 8 Maggio 2024

La guerra sta affamando il pianeta In un mese è volato il costo del cibo

L’allarme Fao: "Prezzi alimentari cresciuti del 12,7%". L’impatto del conflitto rischia di essere devastante

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di Paola Fronteddu

La guerra scatenata dalla Russia colpisce direttamente l’Ucraina, ma coinvolge indirettamente tutto il mondo, soprattutto nel suo bene primario: il cibo. A farlo notare è l’Organizzazione delle nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura, la Fao. Nell’immaginario comune, guerra e fame vanno di pari passo: la prima genera la seconda e non è raro che la seconda generi la prima. "I contesti mondiali nei quali fame e guerra sono direttamente legati oggi sono almeno venti", ha dichiarato il vicedirettore della Fao, Maurizio Martina in occasione dell’inaugurazione del 269o anno accademico dei Georgofili, a Palazzo Vecchio a Firenze. "Più di 800 milioni di persone al mondo soffrono la fame – continua Martina – ci sono 151 milioni di bambini sotto i cinque anni che non crescono in modo corretto".

Le cause principali sono ad oggi la pandemia e il cambiamento climatico, oltre che il faticoso accesso all’evoluzione tecnologica alla quale i Paesi sottosviluppati non riescono a stare al passo. Ma a questi motivi va sicuramente a sommarsi la guerra scoppiata a marzo. A ciò si aggiunge la globalizzazione, che ha portato a una profonda interdipendenza tra paesi e economie, come dimostra il peso delle conseguenze della guerra russo-ucraina in tutti gli Stati che dall’est Europa importano grano, mais e oli vegetali.

La Federazione Russa e l’Ucraina, insieme, finora rappresentavano rispettivamente circa il 30% e il 20% delle esportazioni globali di grano e mais negli ultimi tre anni, e la guerra non poteva di certo lasciare invariati i mercati internazionali. Martina ricorda che "ci sono 50 Paesi in via di sviluppo che dipendono fondamentalmente dall’arrivo del grano, di questi ben 26 dipendono per più del 50% del loro import da Ucraina e Russia".

A salire poi, comunica la Fao, non sono solo i costi del petrolio: l’indice dei prezzi alimentari ha raggiunto una media di 159,3 punti a marzo, registrando una crescita del 12,6% rispetto a febbraio.

I prezzi mondiali del grano sono aumentati del 19,7% durante gli ultimi 30 giorni, mentre quelli del mais hanno registrato un aumento del 19,1% su base mensile, raggiungendo un livello record insieme a quelli dell’orzo e del sorgo. A resistere, a causa delle provenienze e delle qualità più differenziate, è solamente il prezzo del riso, che rimane invariato rispetto a febbraio e ancora del 10% al di sotto del livello dell’anno precedente.

Nel dettaglio, a marzo gli oli vegetali aumentano del 23,2%, i cereali del 17,1%, lo zucchero del 6,7%, la carne del 4,8% e i lattiero caseari del 2,6% sotto la spinta dei pesanti rincari dei costi di produzione favoriti dai prezzi dell’energia.

A preoccupare non sono solo i prezzi, ma anche gli aspetti più concreti del commercio: senza la fine della guerra le semine primaverili di cereali in Ucraina saranno praticamente dimezzate su una superficie di 7 milioni di ettari rispetto ai 15 milioni precedenti all’invasione. Se per i Paesi Europei l’alzarsi dei prezzi e la scarsità dei beni provocano inflazione e preoccupazione, per i Paesi del Medio Oriente, Africa e Asia si tratta di un vero e proprio incubo. Il colpo è durissimo per il Congo, che importa da Mosca il 55% del suo grano e da Kiev un altro 15%.

A commentare i numeri della Fao è anche Coldiretti, che fa luce sulle concrete conseguenze che l’alzarsi di questi numeri ha sulla vita degli italiani e cerca eventuali soluzioni. Non riconoscendo l’adeguata importanza dell’agricoltura, l’Italia ha perso negli ultimi 25 anni un quarto della superficie coltivabile ed è ad oggi costretta ad importare il 64% del grano per il pane e il 44% di quello necessario per la pasta.

In mancanza di cibo per gli animali, anche il mercato della carne rischia la crisi. Il presidente della Coldiretti Ettore Prandini sottolinea che "nell’immediato occorre salvare aziende e stalle da una insostenibile crisi finanziaria per poi investire per aumentare produzione e combattere la siccità" così che l’Italia torni "il più possibile autosufficiente per le risorse alimentari facendo tornare l’agricoltura centrale negli obiettivi nazionali". Ma su questo tema la strada è molto lunga.