Dai comici-robot alle cyber badanti. L’intelligenza è sempre più artificiale

Il mercato è in costante crescita, giro d’affari globale da quasi 400 miliardi. Ma gli italiani temono per la privacy

l robot umanoide AILA (Artificial Intelligence Lightweight Android)

l robot umanoide AILA (Artificial Intelligence Lightweight Android)

Preparatevi a ridere con CheccoBot Zalone. Tra i tanti i progetti di ricerca sull’intelligenza artificiale (Ai) ce n’è anche uno che riguarda il senso dell’umorismo. Jon The Robot, direttamente dall’università dell’Oregon, alita già pesantemente sul collo dei nostri comici. Per ora non è che le battute siano proprio fulminanti ("Non odiate quando state provando a risolvere equazioni cinematiche inverse per prendere una tazza e vi salta fuori “Errore 453, nessuna soluzione trovata“?", resta la migliore), ma sui nostri teleschermi è comunque passato di peggio.

In ogni caso, e non sono scherzi, l’intelligenza artificiale ha già cambiato il mondo in cui viviamo e nei prossimi anni diventerà uno dei mercati più importanti. Secondo Fortune Business Insights, nel 2022 il giro di affari globale sull’Ai sarà di 387,4 miliardi di dollari, che diventeranno 1,3 trilioni nel 2029. In Italia il mercato nel 2021 ha toccato quota 380 milioni di euro, registrando una crescita del 27%. Un trend che continuerà con questi ritmi anche nei prossimi anni. "L’Ai fa già parte delle nostre vite anche se molto spesso – sottolinea Alessandro Piva, direttore dell’Osservatorio sull’intelligenza artificiale del Politecnico di Milano – non ce ne rendiamo conto. Nelle nostre esperienze di acquisto online, servizi e prodotti ci vengono suggeriti sulla base delle nostre interazioni. Anche le piattaforme di contenuti video ci propongono film o serie tv tramite algoritmi che sfruttano l’intelligenza artificiale. I settori interessati sono moltissimi: si va dalla guida autonoma agli assistenti virtuali. Le sintesi degli eventi sportivi sono già generate in parte con l’Ai, in grado di identificare le azioni salienti e creare video con i momenti chiave".

Non sempre, però, c’è la consapevolezza di avere a che fare con questi software. Un utente su tre, secondo una recente ricerca dell’Osservatorio, non riconosce la presenza dell’intelligenza artificiale nei prodotti o nei servizi che utilizza. E su alcune tecnologie, come i robot badanti o i cyber consulenti finanziari, un italiano su due si confessa preoccupato. In generale, però, l’80% ha un atteggiamento positivo nei confronti dell’Ai. E i chatbot, ovvero i software progettati per chiacchierare virtualmente con gli utenti, potrebbero essere quella che in gergo viene definita la killer app , ovvero la tecnologia in grado di imporre a livello globale uno specifico prodotto. "Si sono diffusi molto rapidamente, tanto che si trovano ormai ovunque. Ora c’è un po’ di disillusione – fa notare Piva – perché hanno mostrato diversi limiti nel dare le risposte giuste, ma in una seconda ondata potrebbero diffondere l’intelligenza artificiale in molti ambiti e avvicinare chi interagisce poco e male con la tecnologia". Al momento solo il 6% delle Pmi italiane sfrutta le potenzialità dell’Ai. "Sviluppare queste tecnologie richiede competenze che anche nelle grandi imprese non sempre si trovano".

A livello globale Stati Uniti, Cina e Unione europea stanno correndo per aggiudicarsi una posizione dominante. "L’approccio della Ue è antropocentrico e pone limiti di utilizzo dell’Ai nella vita quotidiana. I prossimi anni – spiega Piva – saranno fondamentali per capire chi prevarrà in questo settore". E i lati oscuri, come in tutte le tecnologie, non mancano. C’è già, ad esempio, chi utilizza questi programmi per mettere a segno attacchi hacker. "Uno dei problemi è quello dell’esplicabilità: gli algoritmi sono in grado di fornire risultati molto buoni, ma non si capisce attraverso quali logiche. In ambiti legati al trattamento di dati sanitari, erogazioni di prestazioni di welfare o accesso ai servizi pubblici non è accettabile. Bisogna sapere come ragiona la macchina e anche su quali dati viene addestrata: se sono in qualche modo viziati, il rischio è quello di sviluppare software che potenzialmente potrebbero avere dei pregiudizi". Uno scenario che toglierebbe la voglia di far rider anche a Jon The Robot.