Giovedì 18 Aprile 2024

Il voto ai sindaci non è un test per il governo

Raffaele

Marmo

Gli italiani, quando votano per i sindaci, votano per i sindaci. Dovrebbe essere un dato consolidato di un Paese civicamente maturo. Eppure, ogni volta scatta la tentazione di attribuire un significato politico nazionale di svolta alle elezioni amministrative, anche quando sono parziali.

Intendiamoci: il voto per i primi cittadini ha evidentemente una connotazione anche politica e non solo amministrativa. Ma di politica civica e territoriale, non di politica nazionale. E mai come nella attuale tornata questo aspetto emerge in tutta la sua evidenza.

A questo riguardo, alla luce dei risultati, appare ampiamente sproporzionata la mobilitazione di leader di partito e ministri alla quale abbiamo assistito nelle settimane precedenti. Come se ci trovassimo di fronte a un passaggio elettorale dal quale potessero e dovessero venire fuori risultati degni di produrre effetti sul governo o sulle leadership delle forze politiche.

Altrettanto fuorviante è stato ipotizzare che il voto di questi giorni potesse essere la prima prova del duello tra Elly Schlein e Giorgia Meloni. E, infatti, non lo è stato. E se invece si vuole pronosticare la data del possibile primo, reale, scontro tra le due si dovrà attendere la scadenza delle europee il prossimo anno.

Dunque, la lezione che si può trarre è che gli italiani si sono rivelati più "sul pezzo" degli stessi capi-partito: hanno scelto largamente sulla scorta di motivazioni legate alle specifiche realtà locali, anche nelle città medio-grandi. Il che è una buona notizia che dimostra il superamento anche di certa stagione populista nella quale i venti di rabbia e di protesta nazionali hanno finito per dare il la anche alle scelte degli amministratori dei comuni con esiti spesso infausti per le amministrazioni delle città. Ed è questo, semmai, l’altro spunto unificante e di tendenza "nazionale" che si può ricavare dalle elezioni di ieri.