Venerdì 26 Aprile 2024

Il territorio va protetto I soldi ci sono

Bruno

Vespa

Avevo 7 anni nel 1951 quando sentii dire in casa che si stavano raccogliendo cappotti per gli alluvionati del Polesine. Ne avevo 22 il 4 novembre del ’66 quando sentii alla radio a Bologna che il Settebello, mitico treno Roma- Milano, era dirottato a Pisa. Segno della tragedia. In 24 ore caddero su Firenze 120 millimetri di pioggia. In 36 ore ne sono caduti 500 tra Forlì, Cesena e Ravenna. In oltre cinquant’anni non so più quante alluvioni, frane, tragici smottamenti ho raccontato. Senza nemmeno chiedermi il perché. Lo conosciamo tutti. Si consuma il territorio sempre di più e lo si protegge sempre meno. Italia Sicura, costituita da Renzi, è stata smantellata da Conte nel 2018 con i soldi impantanati in mille rivoli burocratici. Il risultato è che ci sono 21 miliardi a spasso senza che una mano forte abbia il peso e la capacità di spenderli. Eppure l’Italia non è tutta uguale. Nel 2018 la tempesta Vaia sommerse il Veneto con 700 millimetri di pioggia in 70 ore, ma non successe quel che è accaduto in Emilia-Romagna con una quantità assai minore. Il Veneto ha imparato la lezione dell’alluvione 2010 costruendo grandi vasche in cui convogliare l’acqua in eccesso dei fiumi. L’Emilia-Romagna è la regione d’Italia più esposta alle alluvioni (soprattutto nelle province di Ravenna e Ferrara), ma dei 23 bacini di contenimento previsti nel 2015 soltanto dodici sono stati completati, mentre il consumo di suolo è molto alto (9 per cento) anche se più basso del Veneto (10.9) che però è più reattivo nel fronteggiare le emergenze. Dopo la frana di Ischia del novembre ’22, il governo Meloni ha affidato a sette ministeri la pianificazione di interventi salvifici. Ma le riunioni vanno a rilento e si invoca di nuovo un commissario. Se deve esserci, sia un commissario nazionale con adeguati poteri di deroga come avvenne nell’ormai mitico ponte di Genova. I soldi ci sono: possiamo aspettarci qualcuno che sappia spenderli?