Mercoledì 8 Maggio 2024

Il Sultano Erdogan vince la sua guerra santa Santa Sofia torna a essere una moschea

Il Consiglio di Stato si piega. Il leader turco: "Mantenerla come museo sarebbe come chiudere alla preghiera il Vaticano". Ma senza i biglietti di ingresso la perdita economica sarà di 30 milioni di euro l’anno. Una decisione per motivi di politica interna.

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di Roberto Giardina

Erdogan ha vinto e dopo 85 anni Santa Sofia torna moschea. Il Consiglio di Stato si è piegato alla sua richiesta, contro gli appelli dell’Unesco, dell’Unione Europea. Si chiedeva che restasse un museo, come decise Kemal Ataturk nel 1935. Un luogo simbolo della cultura del Mediterraneo, tra Oriente e Occidente, una giusta soluzione dopo secoli di guerre religiose. Ma non una scelta contro la fede, cristiana o musulmana. I diecimila visitatori che ogni giorno entravano nel museo, anche i non credenti, potevano avvertire nel loro intimo un sentimento religioso, in un luogo dedicato alla santa sapienza (sofia) di Dio, qualunque sia il suo nome.

Santa Sofia sarà riaperta al culto islamico dalla preghiera del venerdì del 24 luglio. Un annuncio che Erdogan fa nel suo discorso alla nazione, sostenendo che la riconversione in moschea del monumento simbolo di Istanbul è "un diritto sovrano" della Turchia. Scandisce il numero uno turco: "Con il suo nuovo status, Santa Sofia continuerà ad accogliere tutti. Come tutte le nostre moschee". Nessuna discriminazione, a suo dire. Poi, l’affondo: "Chiedere di mantenere Santa Sofia è come chiedere di rendere un museo il Vaticano e chiuderlo al culto. Quella annullata oggi è una decisione presa quando c’era il partito unico, un tradimento della Storia contrario al diritto".

Alla notizia sulla piazza innanzi alla basilica si sono accalcati migliaia di musulmani, trattenuti dalle transenne, perché la Basilica è in restauro. Si pregherà ancora per qualche tempo sulla spianata. In futuro i turisti potranno continuare a entrare, ma senza pagare il biglietto. Una vittoria costosa per Erdogan, che perderà oltre 30 milioni di euro all’anno, e le casse statali sono vuote. Ma il presidente ha bisogno di una vittoria durante la crisi, ancor più drammatica del virus. Ed è una vittoria paradossale. Erdogan vince perché Agia Sofia non gli appartiene.

I giudici del Consiglio sono ricorsi a uno stratagemma storico: quando nel 1453 Maometto II prese Costantinopoli la Basilica divenne proprietà del sultano, non appartiene dunque alla Turchia moderna, uno Stato laico. La decisione di Ataturk non era valida. E da oggi il tempio torna sotto il controllo dell’autorità religiosa.

Si sdegnano gli ortodossi di Grecia, di Romania, della Russia, e anche il Vaticano protesta. Quando Istanbul era stata scelta come capitale europea della cultura, Erdogan aveva promesso che Agia Sofia sarebbe rimasta museo, un luogo di unione e di dialogo. Per l’Unesco la Basilica è un "bene culturale" che appartiene al mondo e su cui nessun governo può decidere la destinazione.

Sul luogo dove sorse la Megale Ekklesia, la grande chiesa, nel 360, sorgeva un tempio dedicato a Atena, la dea della sapienza. Si comincia a costruire l’attuale Basilica nel VI secolo, e per mille anni sarà la più grande chiesa cristiana al mondo, con la sua cupola alta 56 metri. Una storia cruenta. I crociati conquistarono Bisanzio nel 1204, e seguirono tre giorni di saccheggio e massacri. Nel 1453, Bisanzio o Costantinopoli fu conquistata da Maometto II nel 1453, e seguì ancora un saccheggio, e i cristiani asserragliati nella Basilica furono sgozzati o ridotti in schiavitù.

Al tempio furono aggiunti quattro minareti, e dai mosaici vennero scalpellati i volti dei santi. I musulmani trascurarono Agia Sofia, non compirono restauri, i mosaici e gli affreschi si sbriciolarono. Fu salvata da un laico, da Kemal Ataturk che volle trasformare la Turchia in uno Stato moderno, più vicino all’Europa. La storia a Santa Sofia che sale e si ritira come una marea. Da domani, si torna al passato.