Lunedì 29 Aprile 2024

Il sacrificio del piccolo Sasha Ucciso dai russi mentre scappava

Aveva quattro anni. Con la nonna cercava di attraversare le acque gelide del Dnepr a bordo di un canotto. Ferito a morte, è finito in acqua. La mamma sperava fosse sopravvissuto perché aveva il salvagente

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di Viviana Ponchia

Scomparso il 10 marzo, sei giorni dopo il suo compleanno, Sasha, il piccolo ucraino ferito a morte dai russi e disperso con la nonna sul Dnepr, poteva essere dappertutto: in Polonia, in viaggio su un pullman, davanti a una tazza di caffelatte in un paese di pace. Ci sperava ancora sua madre perché era l’unico a indossare un giubbotto di salvataggio. E ci credevano tutti quelli che si sono mobilitati per trovarlo, facendo rimbalzare l’appello sui social. Ma la sua fuga dalle bombe russe in realtà era finita in acqua: ieri Sasha è stato trovato morto. A ucciderlo non certo il fiume, piuttosto i colpi spietati dei cecchini russi, che hanno fatto fuoco su quella barca di civili in fuga, causandone il naufragio e colpendo i suoi spauriti passeggeri senza pietà. Tra questi anche Sasha, sul cui corpo, ha confessato a mamma Anna chi lo ha trovato, i segni degli spari erano purtroppo evidenti.

Guardate la sua fotografia, quella con il gatto bianco dagli occhi sgranati, e non dimenticatela più. È bellissimo, con quei capelli che le madri non si decidono a tagliare. La frangia è sempre troppo lunga e finisce sugli occhi, il risultato comunque magnifico. Togliete lo sguardo dai corpi martoriati, dal disastro urbano di città fino all’altro ieri identiche alle nostre. Se c’è qualcosa da ricordare per capire cosa sia davvero una guerra è questo faccino. Nella foto con il gatto. E nell’altra dove guarda lontano infagottato dentro il giubbotto rosso con la scritta profetica ‘Walk on the wild side’. Nei Miserabili di Victor Hugo Gavroche, il monello di strada, muore cantando su una barricata di Parigi. La stessa innocenza spavalda, la stessa determinazione a diventare grande sta sul suo viso.

Ieri la madre, Anna Yahno, ha dato l’annuncio su Instagram. "Oggi abbiamo trovato il corpo di Sashenka. Ringrazio chi ha aiutato nella ricerca, ringrazio tutti per le preghiere e la fede, grazie per il sostegno. Il nostro angioletto, è già in cielo. Oggi la sua anima ha trovato pace".

Quando sono iniziati gli attacchi dell’esercito russo il piccolo si trovava a Vyschhorod, una cittadina di 25mila abitanti alla periferia di Kiev. All’arrivo dei militari la nonna e altri abitanti del quartiere avevano deciso di fuggire: c’era una piccola barca, sembrava la salvezza. Tante imbarcazioni simili in effetti sono arrivate sull’altra sponda, ma non quella su cui viaggiavano Sasha e sua nonna, raggiunta alle spalle dalle raffiche dei soldati russi. Anna però non si era arresa e la sua richiesta di aiuto era stata tradotta dall’ucraino e rilanciata il 24 marzo dall’Associazione Cittadini del Mondo Odv di Cagliari: "Il bambino scomparso si chiama Alexander (Sasha) Zdanovich Yahno, ha 4 anni ed è nato il 4 marzo del 2018. Altezza circa 110 cm, occhi marroni, capelli castani e taglio a caschetto. Purtroppo la nonna è stata rinvenuta morta, anche la barca è stata ritrovata. Era l’unico che indossasse un giubbotto di salvataggio".

Contano i dettagli, quel metro e qualcosa di vita appena cominciata trascinata via dal fiume. E la fiducia irrazionale in un giubbotto, nella pietà della corrente che avrebbe potuto depositarlo a riva. Ieri l’aggiornamento: "Purtroppo ci è arrivata la terribile notizia del ritrovamento del corpo del piccolo Sasha. In questi tempi bui di una guerra scellerata e ingiustificabile, il miracolo non c’è stato. Alla mamma e al papà le nostre condoglianze e un forte abbraccio in questo momento terribile. Un grazie alle decine di migliaia di persone che hanno condiviso l’appello nei social network. E ai tanti mass media italiani e stranieri che hanno a loro volta pubblicato la notizia. Addio piccolo Sasha. Il nostro pensiero va anche ai tanti altri bambini che, in Ucraina e in tutti gli altri angoli della terra colpiti dalla guerra, fuggono e troppo spesso muoiono".

Il documentarista Giancarlo Bocchi per 20 anni li ha fotografati nelle zone di guerra di tutto il mondo. C’è Edo che salva i libri scampati alle bombe incendiarie nella biblioteca di Sarajevo; il piccolo rom Hairuddin sfuggito per tre anni ai cecchini e morto sotto le ruote di un camion dell’Onu; Jasenka che suona per ore una pianola muta; la piccola seduta sul relitto di un’auto gialla stretta a un Mickey Mouse rattoppato. Le foto sono tutte lì, assieme a quella di Sasha. Basta non dimenticare.