Tutti accusano Conte di non essere sufficientemente determinato, in realtà le indecisioni del capo riflettono lo smarrimento di un Movimento che semplicemente si è perso. I Cinquestelle non sanno più chi sono, a nome di chi parlano, quali interessi rappresentano. Chiedono soldi per il reddito di cittadinanza, che è una gigantesca opera di distrubuzione di soldi pubblici verso il basso, e nello stesso tempo vogliono mantenere il superbonus che è una distribuzione verso l’alto, si dicono fedeli alla Nato e poi storcono il naso per le armi all’Ucraina. Conte è l’effetto, non la causa. Inevitabilmente le scelte di questi giorni si sono beccate il sarcasmo del mezzo ex Alessandro Di Battista: "Anche oggi escono dal governo domani".
Nessuno ha ancora compiutamente compreso quale siano le reali intenzioni, di qui a un mese, del leader 5S, probabilmente perché non lo sa neppure lui. La cosa più verosimile è che i Cinquestelle usciranno dal governo quando saranno certi che non si andrà a elezioni, magari attendendo che un dieci-venti di loro nel frattempo passino con Di Maio, così da avere il tempo di organizzarsi per garantire la deroga del terzo mandato a una ristretta cerchia di capataz (da Fico alla Taverna, tanto per capirsi) e nello stesso tempo assicurare uno stipendio fino al termine naturale della legislatura per tutti gli altri. Il resto - il documento consegnato a Draghi, il penultimatum - è solo fumo negli occhi, gettato con il solo scopo di creare una narrazione utile a ogni evenienza.