
di Gianpaolo Annese
Forse un cielo eccessivamente trafficato, con 36 vele che scendono in contemporanea. Oppure, chissà, deve essere stato il sole basso del mattino a disturbare la visuale. Fatto sta che nessuno sa spiegare al momento le ragioni dell’incidente accaduto ieri al Campovolo di Reggio Emilia: due paracadutisti si sono scontrati in volo (le vele si sono intrecciate e sono collassate) finendo schiantati a terra da un’altezza stimata tra i 50 e i 100 metri. A perdere la vita il 54enne Fabrizio Del Giudice, torinese, e il 35enne Gabriele Grossi di Viareggio.
Entrambi avevano partecipato al tentativo di formare ’una stella a tanti elementi’ in aria con gli altri colleghi e battere il record per Reggio: al termine del volo in caduta libera e dopo aver aperto i paracadute, regolarmente funzionanti, sono entrati accidentalmente in collisione. Le vele a quel punto hanno ceduto e l’impatto al suolo è stato inevitabile e fatale. Sul posto è giunta l’automedica e l’ambulanza del 118, l’elisoccorso che poi è andato via senza caricare nessuno purtroppo. I sanitari si sono prodigati per salvare i due paracadutisti, hanno insistito con i massaggi cardiaci per metà mattinata, ma non c’è stato verso. La procura di Reggio ha aperto un’inchiesta.
Ieri Del Giudice e Grossi erano tra i protagonisti del Boogie, un modalità di raduno tipica dei paracadutisti che da tutta Italia e anche dall’estero, in oltre 300, sono convenuti al Campovolo, alla Bfu, la Body Fly University. A organizzare l’evento l’Aeroclub di Pisa: proprio Fabrizio si è occupato dei preparativi. Per l’occasione avevano noleggiato un aereo particolare, un bimotore Skyvan, che trasporta ed è in grado di lanciare 25 persone alla volta contemporaneamente, molto capiente. Tra i paracadutisti che hanno partecipato al lancio delle 8.30, quello fatale per i due uomini, c’è sgomento: "L’idea era di provare a formare una stella a tanti elementi – spiegano –. Questo però non c’entra nulla con l’incidente, il tentativo, peraltro non riuscito, è avvenuto a 4mila metri di altezza. Dopodiché c’è stato il momento della ‘separazione’, in cui ognuno apre il paracadute e scende per conto proprio".
Il tragico episodio è accaduto a un centinaio di metri da terra: "Probabilmente uno dei due ha fatto una virata che fa rapidamente perdere quota e incrementa la velocità. In quei casi il paracadute è aperto bene, ma se una vela entra nell’altra entrambe possono collassare".
Il primo a soccorrere Del Giudice è stato l’istruttore Giuseppe Lauriola: "Ho guardato Fabrizio negli occhi pochi secondi dopo l’impatto, gli ho praticato il massaggio cardiaco fino a quando c’è stata speranza. Era un istruttore di paracadutismo molto esperto. Ricordo che abbiamo fatto attività in Libano insieme per un mese. Una persona molto attiva, disponibile, e con un amore folle per sua figlia". Distrutto anche Fabrizio Grossi, padre di Gabriele: "Amava il suo lavoro. Con lui centinaia di persone hanno realizzato il sogno di lanciarsi". Anche nel privato, era felice. E innamorato: "Proprio oggi – sussurra il padre – ho scoperto che avrebbe voluto chiedere la mano a Cecilia (ieri mattina era lì al momento dell’incidente ndr)".