"Ho scoperto io quel cadavere nel Po E ora rivivo l’incubo di 26 anni fa"

L’addetto ai controlli del fiume: "Mi era già successo di tirar su un corpo, ma non ci si abitua mai all’orrore"

di Mario Bovenzi

L’orrore sta tra le sue braccia quando le apre per indicare quanto era grande la borsa dove era chiuso, come in un sacco dei rifiuti, il corpo. Dice Davide Martini, 56 anni di Pilastri (frazione di Bondeno, provincia di Ferrara): "Era lunga 60 centimetri, alta 40. Si trovava tra i sassi, lungo la riva. Era strappata e da una fessura si vedeva un lembo di pelle". Martini è uno dei due tecnici dell’Aipo (agenzia interregionale per il fiume Po) che a bordo del motoscafo alle 11.15 di lunedì 4 aprile ha trovato lungo la sponda del Po a Santa Maria Maddalena, al confine tra Emilia Romagna e Veneto, la sacca con il cadavere del mistero, una donna decapitata, le mani amputate. Una donna rimasta ancora senza nome nonostante le indagini serrate dei carabinieri che ieri hanno divulgato anche le foto dei vestiti in un sorta di Chi l’ha visto? che possa dare le prime risposte ad un mistero venuto alla luce nella fievole corrente del Po stretto tra le secche. Non è la prima volta che si imbatte nell’orrore che il grande fiume restituisce, come un sudario che la secca scopre lentamente. Una ventina di anni fa lavorava ad una draga a Felonica (provincia di Mantova). Una mattina trovò, impigliato tra i cavi, il corpo di un uomo. Aveva i piedi legati, era stato colpito con due colpi di pistola nel ventre. Uno alla testa. "È stato raccapricciante trovare un corpo ridotto in quelle condizioni"

Venti anni fa, l’altro giorno. Non si fanno begli incontri sul grande fiume

"Faccio questo lavoro da 30 anni. Conoscono questo gigante come le mie tasche. Quando c’è la siccità e si ritira trovi di tutto. Da suo letto emergono residuati bellici, proiettili di mortaio"

E cadaveri. Cominciamo dalla fine, dall’ultimo avvistamento

"Ero con il mio collega Francesco Malagò. Avevamo già fatto il nostro giro di controllo quando abbiamo visto che c’erano alcuni sassi che potevano essere un ostacolo per la navigazione. Così abbiamo accostato. Tra i sassi c’era quel borsone"

Quando vi siete accorti che c’era un corpo?

"Ci siamo avvicinati, si vedevano brandelli di vestiti di colore blu e nero. Il borsone era rotto in un punto e da lì affiorava un lembo di pelle"

Perché avete pensato si trattasse di una donna?

"La nostra era solo un’ipotesi, alcuni vestiti avevano quelle che sembravano delle paillettes"

Cosa avete fatto, siete rimasti sulla scena del crimine?

"No, abbiamo chiamato i carabinieri e ci siamo allontanati per non essere di ostacolo ai rilievi"

Facciamo adesso un salto nel passato, andiamo con la memoria a 20 anni fa

"Erano gli anni Novanta, forse il 1996 ma la data non me la ricordo bene. So che allora sono venuti i carabinieri di Felonica con i vigili del fuoco e solo in un secondo momento sono uscite delle notizie che il corpo era quello di un barista pavese che era stato ucciso e fatto sparire in agosto. Noi lo abbiamo trovato in aprile mentre eravamo al lavoro con una draga nel letto del Po. In più di sette mesi aveva percorso un bel tratto di fiume. Come può essere successo anche in questo caso".

Cosa le è rimasto impresso quella volta?

"Si trattava di un regolamento di conti per questioni legate alla droga, questo si diceva allora"

Allora, oggi. In paese che dicono?

"Mi fermano per strada, vogliono sapere cosa ho visto. L’episodio ha suscitato una vasta eco, nel mio paese e in tutta la provincia di Ferrara".

Una donna uccisa, orrendamente mutilata e messa in un borsone, buttata come spazzatura. Che ne pensa?

"Spero che le indagini proseguano e che venga assicurato alla giustizia chi ha commesso questo crimine così atroce. Spero che venga dato un nome a quel corpo martoriato, così che qualcuno possa piangere questa povera donna".