Andrea Bada, 43 anni, torinese, vive a Genova. Cacciatore di relitti. Una delle sue scoperte più emozionanti?
"La William Gerhard, nave da guerra americana silurata nel ’43 da un sommergibile tedesco. Con la mia squadra l’abbiamo ritrovata l’anno scorso nel Salernitano, al largo di Acciaroli, a 180 metri di profondità".
Lunghe ricerche, tenacia ma anche fisico allenato per immersioni estreme.
"Quest’anno abbiamo fatto il riconoscimento dell’aereo fantasma, il Thunderbolt P47, americano, abbattuto il 6 gennaio del ’45 al largo di Sestri. Lo avevamo trovato nel 2013. Ora lo abbiamo identificato, grazie all’istituto Idrografico della Marina Militare".
S’incrociano storie e persone.
"Nel Golfo della Spezia abbiamo individuato il mercantile Oreste Villari, naufragato circa 60 anni fa per un’onda anomala. Ho trovato il nipote dell’armatore, ha lo stesso nome della nave, vive a Genova".
Con quali strumenti lavorate?
"Autorespiratori a circuito chiuso. Scendiamo senza nient’altro, solo con la strumentazione video e i fari, 240mila lumen. Non abbiamo nemmeno campane decompressive o camere iperbariche. Restiamo anche sei ore attaccati a un filo per aspettare che la desaturazione faccia il suo corso. Colleghi del team ci portano da bere e da mangiare".
Faceva il carrozziere, le diagnosticarono un tumore, ma non era vero. Cambiò vita.
"Poi due anni e mezzo fa ho avuto un brutto incidente. Chi fa immersioni estreme corre dei rischi. Vale anche per le scalate. Stavo risalendo, ero a 60 metri. Di colpo un forte dolore al torace, parestesie a mani e piedi. Era un’embolia polmonare spinale con blocco del flusso sanguigno ai polmoni".
Ha pensato di morire?
"Quello era il rischio. O la paralisi. Decido di stare fermo. Dopo due ore di decompressione, salendo in modo molto controllato, riesco a uscire dall’acqua".
Ospedale e cure.
"Prima al centro San Martino. Ma la cosa era devastante, mi hanno trasferito a Ravenna, 15 giorni in camera iperbarica. Nel giro di sei settimane sono riuscito a riprendere le immersioni profonde. E ho trovato l’Umaria, nave della prima guerra mondiale, a -170 metri".
Subacqueo per tutta la vita?
"Dipende dalle profondità. Piero Mescalchin ha più di 80 anni ma è sempre attivo. È il papà di un mio collaboratore, Andrea, il nostro video operatore. In squadra con Ivano Predari, il mio braccio destro, e Pamela Ciuffo, psicologa".
Quanto guadagna?
"Veramente finanziamo le spedizioni con il centro immersione".
Ha mai avuto interesse per i fatti di cronaca più recenti?
"Ho esplorato la nave dei veleni, nel Salento. Ma preferisco portare nelle case degli italiani il bello di quello che c’è sott’acqua, non il brutto".
Rita Bartolomei