Giovedì 25 Aprile 2024

Firenze in trincea Le botteghe resistono

È un match e non è ancora del tutto finito. Qua e là, a macchia di leopardo, negozi che sanno ancora di autenticità fiorentina, intorno bandierine di Coca Cola, schiacciate e panini già pronti, palazzi storici trasformati in depositi bagagli. Siamo nel centro di Firenze, porta d’ingresso per milioni di turisti ogni anno, che ha perso dal 2012 al 2022 ben 320 attività.

Secondo i dati di Confcommercio Firenze, in termini percentuali, nel cuore della città ha chiuso il 18% di negozi mentre nei quartieri al di fuori delle mura storiche il 16%. Tra chi vende souvenir per frettolosi clienti e bijoux, sono pochi gli "storici" che resistono. Come Gabriele Maselli, un artigiano fiorentino, la seconda generazione alla guida della Bottega d’Arte: "Purtroppo – le sue parole – nel corso di questi anni ho visto tanti colleghi abbassare per sempre la saracinesca: il ferramenta, l’ottico, il falegname, la sarta" racconta. Tanti. Anzi, troppi. Per Maselli, dal 1955 a due passi da piazza Duomo, il lento declino "è cominciato con la chiusura del centro". "I fiorentini non riescono a raggiungerci – prosegue –, a volte anche i fornitori hanno problemi. Poi c’è il problema della mancanza di parcheggi che si somma all’avvento dell’online e allo sviluppo dei centri commerciali".

Ad avere la peggio sono stati proprio i negozi di beni tradizionali come abbigliamento e calzature, libri e giocattoli, arredamento, poi ferramenta e imprese ambulanti. "Bisogna frenare in ogni modo questa moria – aggiunge Maselli –, perché se chiudono le attività tradizionali, vanno via i residenti e la città è destinata a morire". C’è chi chiude, chi apre e chi si trasforma per adeguarsi alle nuove esigenze della domanda. Infatti, le percentuali si ribaltano se si analizzano le attività legate al turismo che sono cresciute del 21% dentro le mura e del 15% fuori.

Rossella Conte