Mercoledì 24 Aprile 2024

Due partiti che fanno finta di essere uno

Raffaele

Marmo

Che cosa ci facciano, nello stesso partito, Conte e Di Maio, è, dunque, uno di quei misteri che l’attuale, inquietante, stagione politica ci consegna come oggetto di domanda e di riflessione. E la risposta non può che rinviare a quel formalismo politico di bieca convenienza e di finta convergenza che per anni gli stessi grillini hanno considerato un esempio iconico di politica politicante.

È del tutto evidente, come dimostra, da ultimo, il caso Cominardi, che ci troviamo di fronte a una situazione di separati in casa che non hanno più niente in comune, nessuna condivisione di valori e di prospettive, nessuna solidarietà di partito. E fin qui siamo, comunque sia, dentro una dinamica tutta interna al Movimento, che, però, interessa ugualmente l’opinione pubblica: e non solo perché parliamo del partito di maggioranza relativa, ma anche perché sarebbe doveroso non prendere in giro ulteriormente milioni di cittadini che hanno creduto e votato per i 5 Stelle.

Il punto nodale, però, è il rapporto con il governo di Mario Draghi. Se Conte e seguaci hanno deciso di praticare una forma di guerriglia verso Palazzo Chigi a colpi di provocazioni, distinguo, veti e ultimatum, allora sarebbe un segno di pulizia politica venire definitivamente allo scoperto e trarre le dovute conseguenze. A quel punto, anche Di Maio dovrebbe per forza di cose salpare verso nuovi lidi, con tutti gli 80-90 parlamentari che fanno capo a lui. Una sana scissione, del resto, metterebbe fine anche a un’altra ipocrisia della politica italiana, quella che vede il Pd anch’esso impegnato a far finta che esista un Movimento con cui allearsi, senza dover fare i conti con le radicali divisioni interne di quel partito.

Di sicuro, però, non appare eticamente e politicamente corretto continuare con questa farsa dello stiamo insieme, ma ognuno la pensa e procede a modo suo. Una farsa che non fa bene al Paese, ma neanche agli stessi grillini e ai loro leader.