Lunedì 6 Maggio 2024

Draghi ai partiti: si lavora insieme "Il mio futuro? Decidono le Camere"

Il premier tiene a bada le fughe in avanti e le speculazioni sul Quirinale. Malumori leghisti sul Green pass

Migration

di Ettore Maria Colombo

Il nuovo Giano bifronte della politica italiana è diventato Matteo Salvini. Sul Green pass, nella Lega montano polemiche e insoddisfazione. Il leader leghista ammette la mezza sconfitta: "Per noi era importante non rovinare le ferie al Paese" e "sono soddisfatto, dato le idee di partenza". Ma i malumori interni sono un bel guaio, per Salvini. Da Armando Siri a Claudio Borghi protestano in molti e il rischio è che, all’approdo in Parlamento del decreto, da 10 a 30 parlamentari leghisti (due terzi alla Camera, un terzo al Senato) possano non votare o votare "no". Ecco perché il Capitano rilancia sul tema immigrazione, attaccando la ministra Lamorgese, "uno dei ministri che brilla per assenza" e contro "i centinaia di clandestini che stanno sbarcando".

Il premier, intanto, snobba le polemiche, che siano di parte 5 Stelle o di parte Lega (solo il Pd e FI remano in silenzio, pur se poco riconosciuti), tira dritto e traccia anche un bilancio dei primi sei mesi del suo governo, salutando i giornalisti, a Palazzo Chigi, prima di partire per due settimane di vacanze (meno del Parlamento, se l’è meritate). "Non ci sono buoni e cattivi, si lavora tutti insieme", dice il premier a mo’ di sprone ai partiti. Draghi si fa anche ironico: "Lavorano (i partiti, ndr), sembra strano dirlo, anche loro per il bene degli italiani", a chi gli chiede dei rischi di turbolenze crescenti nella maggioranza. Draghi, poi, rispettoso com’è delle procedure della democrazia, aggiunge che è dal Parlamento che dipende "la vita" del governo. Morale: fin quando c’è una maggioranza, si va avanti, se non ci sarà più ne prenderò atto e rimetterò il mandato, semestre bianco o meno. Draghi rivendica, ovviamente, i risultati delle vaccinazioni (l’Italia ha fatto meglio di Francia, Germania, Usa) e i numeri di un’economia che crescerà "ben oltre il 5%". Ma i problemi ci sono, "urgenti e gravi", a partire dal lavoro, ammette.

E se il Covid è ancora l’incognita più temibile ("Speriamo che quanto fatto basti", sospira, ma poi si appella agli italiani: "Vaccinatevi tutti e rispettate le regole"), l’agenda del governo resta fittissima. "Sono stato chiamato qui, cerco di farlo al meglio, e poi vedremo", dice a chi gli chiede se pensa di restare a Palazzo Chigi fino al 2023, senza ’traslochi’. "L’orizzonte è nelle mani del Parlamento", aggiunge. Il non detto è che, appunto, e Draghi lo sa e per questo centellina le parole, il suo governo potrebbe finire se i partiti, a febbraio, lo eleggessero alla presidenza della Repubblica. Ma è un rebus complicatissimo, anche perché, dopo il governo Draghi, è difficile ipotizzarne un altro. Il premier non si chiude nessuna porta alle spalle, neppure la presidenza della Commissione Ue, ma sembra concentrato a restare a palazzo Chigi.

Ma se, per Draghi, "l’unica cosa che conta sono i risultati", dalla concorrenza al fisco, al lavoro, le riforme in agenda a settembre restano da brividi. Intanto, tornando a Salvini, che per primo l’aveva candidato al Quirinale, ora si fa più cauto, ambiguo: "sulla carta", dice in un’intervista al Corriere, il nome del centrodestra è Silvio Berlusconi e Draghi "serve all’Italia" da premier. Meloni avanza un sospetto: "Mi pare che non in molti stiano lavorando per Draghi al Colle perché si andrebbe al voto come vuole Fd’I". Un sospetto fondato. Nessuno vuole votare, M5s in testa.