Lunedì 29 Aprile 2024

Checco Zalone, il genio irriverente Ridendo seppellisce il conformismo

Con la sua canzone “Immigrato“ ha vinto il David di Donatello: sa sfidare il politicamente corretto e il suo contrario

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Leo

Turrini

"Castigat ridendo mores". Non è detto, meglio precisarlo subito, che Checco Zalone conosca la massima latina. Tradotta alla buona, la frase significa "egli corregge i costumi ridendo". E qui ci siamo, ignorando volutamente e a prescindere i paragoni, inopportuni, fra l’ultimo grande comico nostrano e i gloriosi maestri della commedia all’italiana, dal Sordi di Una vita difficile al Manfredi e al Gassman di C’eravamo tanto amati.

Insomma e in breve, ha fatto e sta facendo ancora discutere il David di Donatello assegnato, per la miglior canzone, al Zalone di Immigrato, a spese della internazionalpopolare Laura Pausini, già battuta agli Oscar nonostante la suggestione del brano Io sì. Polemiche sui social e pompose riflessioni sullo sberleffo che prevale sull’arte pura, ohibò.

Ora, al netto di equivoci, di niente staremmo parlando, se non fosse che Checco Zalone, a suo irripetibile modo, è lo specchio vero dell’Italia post moderna. Ci fa vedere come siamo davvero, anche se crediamo stia parlando di qualcun altro.

Liberi tutti, ci mancherebbe, di pensarla come si vuole, a proposito dell’ironia dell’artista meridionale: a patto, però, di ammetterne l’irrituale genialità.

In Quo Vado?, per dire, è stato lui a certificare l’antica ossessione italica per il posto fisso. Lo ha fatto meglio, molto meglio di tanti esperti in sociologia: perché non di rado l’umorismo, anche vagamente greve, intercetta i sentimenti profondi di un popolo più di una documentatissima ricerca accademica.

E come dimenticare la scena di un’altra pellicola, quando alla porta di casa del protagonista bussano gli ispettori delle tasse? Checco apre e si sente dire "Siamo quelli di Equitalia". La risposta ("No, grazie, qui siamo tutti cattolici") è il manifesto di una Italia piccola e furbetta, che a torto o a ragione vede sempre e comunque nel fisco il nemico, anche quando il fisco (capita, eh) tiene ragione.

Ecco. Zalone ha il pregio (parere personale, ci mancherebbe) di arrivarti alla pancia stimolando il cervello. Cioè la sua satira è superficiale in apparenza e infatti molti snob arricciano il naso: come si permette costui di sfidare il politicamente corretto? Però poi, a ripensarci bene, il sarcasmo di un pezzo come I uomini sessuali, dedicato implicitamente alla omofobia persistente in non piccola parte del Bel Paese, vale persino più della legge Zan.

In rima, bianco su nero: "Quanta cattiveria in questa societàNei confronti di chi tiene un’altra sessuita’Quanta gente che vi ingiuria, quanta gente che vi attaccaSolo pecche’ non vi piace la patacca"...

Oh, intendiamoci. Zalone è strepitoso perché evita rigorosamente di prendersi sul serio. Una volta Giorgio Bocca definì Adriano Celentano "un cretino di talento": solo che non passò per una offesa, quale magari voleva essere, bensì per un complimento.

Checco cretino non è. Sa gestirsi con abilità da malandrino accorto. Nel suo ultimo film, Tolo Tolo, magari non riuscitissimo, tra una gag e l’altra faceva a brandelli la demagogia anti immigrazione del truce Salvini, al tempo stesso deridendo il buonismo alla Laura Boldrini. E mica era cerchiobottismo: semplicemente, ci stava dentro il non confessato invito a smetterla con gli opposti estremismi del chiacchiericcio rumorosamente vacuo.

Infine, sarà d’accordo anche la sconfitta Laura Pausini: La Vacinada, il recente video zaloniano con la grande Helen Mirren, già Regina Elisabetta sul grande schermo, è il più efficace spot contro i no Vax, nel tempo aspro della coda (speriamo) pandemica.

E vi par poco, per un comico?