
ALTA TENSIONE Silvio Berlusconi (Ansa)
Milano, 10 marzo 2015 - TRE CARTE, una sola vincente. La conferma netta dell’assoluzione del 18 luglio 2014 che portò un magistrato storico – Enrico Tranfa, presidente del collegio giudicante – a clamorose dimissioni dalla magistratura, contestualmente col deposito delle motivazioni, dopo essere stato messo in minoranza dagli altri due giudici del collegio. Un atto di protesta che voleva evidenziare come l’assoluzione di Silvio Berlusconi dalle accuse di concussione per costrizione e prostituzione minorile (di Karima-Ruby), giunta dopo la condanna a sette anni del 24 giugno 2013, non fosse rientrata nella consueta dialettica interna alla camera di consiglio.
MA QUESTA è acqua passata. Con l’acqua che passa oggi, si chiude o si riapre la chiusa. E tenendo ancora a distanza i minacciosi esiti dell’inchiesta Ruby ter (denari pagati continuativamente e attualmente alle testimoni compiacenti delle serate di Arcore).
La Corte di Cassazione deve decidere se confermare, in toto, quella assoluzione da entrambi i reati. O se, accogliendo interamente o parzialmente il ricorso del sostituto pg di Milano Piero De Petris, ordinare un nuovo processo davanti ad altra Corte d’appello: per entrambi i reati o per uno solo (ipotesi meno probabile, visto che l’intervento dell’ex premier sulla questura di Milano nella notte fra il 27 e il 28 maggio 2010 sarebbe stato finalizzato a nascondere la relazione con la minorenne Ruby Rubacuori).
DUNQUE Silvio vincerà solo se esce una carta, quella giocata con successo dai difensori Franco Coppi e Filippo Dinacci: «Chi non farebbe un piacere al presidente del Consiglio?» – a demolire la costrizione della pressione, e puntando su Silvio inconsapevole della minore età di Ruby.
Oggi il gioco passa nelle mani del presidente della sesta sezione Nicola Milo (noto per assoluzioni clamorose: Why not, Andreotti e Mannino). Voce d’accusa il pg Eduardo Scardaccione, esperto in materia di concussione, recentemente frazionata tra ‘per costrizione’ e ‘pressione indebita’. Quella pressione che il pg De Petris ha ribadito nella sua impugnazione come ‘schiacciante’.
LA TELEFONATA del Cav ebbe «la natura di un vero e proprio ordine» e non fu «manifestazione di un desiderio o di una garbata richiesta priva di carattere costrittivo». Per «sottrarsi all’esecuzione dell’ordine di rilasciare Ruby», il capo di gabinetto Piero Ostuni non aveva «altro mezzo» se non «quello di sbugiardare il Presidente del Consiglio» sulla finta parentela di Kharima El Marhoug con Mubarak.
E la minore età della ragazza era «da tempo patrimonio comune» nell’ambiente di Arcore, come dimostra l’allarme al suo arresto, il tam tam tra le ragazze, e la frenesia nell’avvertire proprio Berlusconi.