Sabato 4 Maggio 2024

Il tuffo di Bebe Vio: io, Sirenetta anche senza gambe

La schermitrice paralimpica e la forza di quella foto: "Chissà se uscita dall’acqua cresceranno anche a me, proprio come è successo a lei"

Bebe Vio in piscina (fermo immagine ripreso da Instagram)

Bebe Vio in piscina (fermo immagine ripreso da Instagram)

Andate a tuffarvi, non aspettate un minuto di più. Se avete a portata di mano il mare, benissimo. Altrimenti trovate un lago, una pozza, la vasca da bagno. Fate come lei, lasciate che l’acqua vi strapazzi di carezze. Spingetevi verso il fondo e non tirate fuori la testa finché i polmoni non stanno per scoppiare. Avete paura, certo. Delle meduse, delle scottature, di annegare .

E lei no? Bebe Vio, schermitrice paralimpica, supereroina con la faccia rotta, "rompiballe strozzabile" per definizione della mamma, praticamente vive nel terrore: "Io ho sempre paura. Anche delle cose più semplici". Non è un buon motivo per evitarle. "Vedo un palco e ho paura di cadere sul gradino".

Ecco, per esempio: con le protesi ogni passo è un’incognita. "La paura che provo nel perdere un assalto a scherma è la stessa che provo la mattina quando devo mettermi le gambe perché magari quel giorno ho le cosce più gonfie e rischio di soffrire tutto il giorno. Ho paura di tantissime cose. Ho paura di tutto".

Però guardatela oggi a 23 anni in questo video magnifico: ha il costume rosso e un sorriso che da solo rinfresca e lenisce. Nuota. Senza braccia e senza gambe, irriverente nell’imperfezione. Su Facebook posta un video della sua metamorfosi anfibia. Scrive: "Oggi secondo allenamento in piscina e mi sentivo molto la Sirenetta... Solo che poi a lei, una volta uscita dall’acqua, le sono cresciute le gambe. Domani ci riprovo e vi faccio sapere se capita!". Ecco, il peggio che possa succedere è di finire in una favola. E che spuntino le gambe al posto delle protesi. O che si faccia pace con ciò che manca. Grazie per l’insegnamento, signorina. Esempio irresistibile ancora una volta.

Tutta la prima fila di ombrelloni ha smesso di lamentarsi e avanza verso le onde. L’acqua è sempre troppo calda o troppo fredda. Una volta piove, l’altra ci sono le zanzare. Passiamo la vita a lagnarci. Anche in vacanza. Per Bebe è inutile. Mai piangersi addosso. Nuotare piuttosto. La prima fila è dentro, un miracolo. Anche se abbiamo i pezzi originali addosso siamo tutti ragazzi speciali come lei. Ciascuno con un’amputazione che non si vede, una ferita, una mancanza. Ma siamo tutti potenzialmente sirenette. Lei sott’acqua si riprende ciò che le appartiene, la spensieratezza di non pensare a dove appoggiare il prossimo passo. Senza protesi delicate, senza nemmeno quelle ruspanti con cui mangiare il sushi e mandare i noiosi a quel paese. A volte la chiama resilienza. Più spesso "figata". La vita è una figata pazzesca, dice.

Stava per morire a 11 anni, nessuno sapeva che cosa fare. Si è tuffata per prima: "Per uscire di qui dobbiamo amputare le gambe? Raga, ma ci stiamo ancora pensando? Amputiamo via tutto, una volta che non hai le mani se non hai neanche le gambe non cambia molto". E puoi sempre nuotare. Lo sport è il suo filo conduttore, gli altri lo girino in metafora: prendere atto della profondità dell’acqua, accettare e lanciarsi. Che figata, che fortuna: "Ho avuto la fortuna di accettare la mia nuova condizione e farne anzi un punto di forza. Mi piaccio come sono, protesi e cicatrici comprese".

In piscina può fare a meno del trucco: "Sono stata in televisione e mi hanno messo così tanto fondotinta che non si vedevano più le cicatrici. A me piacciono, fanno parte di me. Io il fondotinta lo uso solo per coprire i brufoli". Come si muove lascia un segno, anche quando scherza sui superpoteri: "Sono disabile al 100% e anche parecchio arrogante. Le cose succedono e basta. O passi la vita a chiederti perché, oppure vivi".

Avanza verso il bagnasciuga anche la seconda fila, bene così. Gli arrabbiati, gli ammaccati, i diversi. C’è bisogno di una spinta, anche a lei servì. Era piccina quando gridò al papà: adesso mi suicido, mi butto dal letto. Lui non si scompose: "Senti, se vuoi farlo, fallo bene: ti porto al secondo piano". Fu allora che capì di essere viva. Non ha più smesso.