Al Pirellone fra new entry e addii

CHI entra, chi esce. I vetri del Pirellone assistono muti al raccontarsi di tante storie. Anche i veloci ascensori vorrebbero sostare qualche attimo in più, per continuare ad accogliere chi dopo diciotto anni di lavoro si ritrova nella precarietà più assoluta. C’è chi si insedia invece, nell’aula del Consiglio arrivano primi i Cinque stelle, con […]

CHI entra, chi esce. I vetri del Pirellone assistono muti al raccontarsi

di tante storie. Anche i veloci ascensori vorrebbero

sostare qualche attimo in più, per continuare ad accogliere

chi dopo diciotto anni di lavoro si ritrova nella precarietà più

assoluta. C’è chi si insedia invece, nell’aula del Consiglio arrivano

primi i Cinque stelle, con la capogruppo Silvana Carcano,

poi la lista Ambrosoli. L’avvocato battuto da RobertoMaroni

prende diligentemente copia del regolamento del Consiglio,

fa brevi dichiarazioni: «C’è l’urgenza assoluta di affrontare

i problemi del lavoro». Incontra i rappresentanti di Cgil,

Cisl e Uil. Esce poco prima dell’una. Chiede indicazioni sul

pranzo. «Guardi, lì all’angolo, dopo la panetteria» gli indica

un cameriere. Su, ai piani alti, ci sono i brindisi di addio dei

gruppi. Qualcuno sale per l’ultima volta in ufficio. «Mi hanno

tolto il telefono» dice un’impiegata, «però posso ancora ricevere.

Bella roba, sono rientrata dalla maternità per restare

disoccupata». Per i media loro sono i costi della politica. In

realtà sono un piccolo grande dramma. Oltre trecento persone

che restano senza lavoro e che non sanno se riusciranno a

riavere un contratto. La nuova presidenza della Lega Nord,

dopo quasi un ventennio di Pdl formigoniano, non offre certezze.

E con la spending review i due terzi dei precari non

riusciranno a rientrare. Non tutti sono venuti al tramezzino

dell’addio, qualcuno non ce l’ha fatta ed è rimasto a casa a

smaltire le ferie. «Mi dispiace tanto per loro» dice una commessa,

«sa qui sono tutte brave persone…». Lei non ha problemi,

lavora per una cooperativa.Ma altri hanno già fatto i bagagli,

non senza lacrime, anche di rabbia. Si mormora, nei corridoi,

che non solo chi ha governato, ma nemmeno il partito

abbia sentito il bisogno di ringraziare chi per quattro legislature

ha aiutato a far funzionare la complessa macchina della

Regione. Ma anche nel Popolo della Libertà ora il vento è

cambiato, nomi e volti nuovi premono per assicurarsi un posto

sicuro, almeno per cinque anni. Nel pomeriggio Ambrosoli

presenzia anche all’intitolazione della sala dei Cinquecento

a Marco Biagi, e Maroni lo ringrazia. Ma va via prima della

proclamazione della giunta. Il sapore della sconfitta è ancora

troppo vivo e troppo amaro.