La balena rosè

TORNA la balena bianca, vent’anni dopo. L’elezione a Presidente della Repubblica di Sergio Mattarella, con larghissimo suffragio di voti, rispolvera quella Democrazia Cristiana che, evidentemente troppo in fretta, avevamo considerata morta e sepolta. Non solo, piaccia o non piaccia il nome del nuovo abitante del Colle,  la partita che si è giocata, in questi giorni, a […]

TORNA la balena bianca, vent’anni dopo. L’elezione a Presidente della Repubblica di Sergio Mattarella, con larghissimo suffragio di voti, rispolvera quella Democrazia Cristiana che, evidentemente troppo in fretta, avevamo considerata morta e sepolta. Non solo, piaccia o non piaccia il nome del nuovo abitante del Colle,  la partita che si è giocata, in questi giorni, a Montecitorio, ha rafforzato  la posizione di Matteo Renzi a danno di tutti gli altri. Sono risultati sconfitti un po’ tutti, tranne l’ex sindaco di Firenze. Ha perso  la minoranza del Pd che, dopo avere fatto fuoco e fiamme per settimane, si è allineata alla scelta del premier, conquistata in un attimo dal presunto antiberlusconismo del candidato prescelto: in tal senso, sarebbe il caso di parlare di  Balena rosé. Ha perso Angelino Alfano che, dopo avere criticato  la scelta di Mattarella, si è subito messo in riga dopo l’aut-aut di Renzi. Hanno perso i grillini che a differenza di due anni fa, non si sono fatti quasi sentire, affondando nella più grande confusione. Ha perso, in particolare, Forza Italia che non ha saputo trovare un nome da contrapporre al candidato di Matteo, finendo per lasciare partita e campo libero all’“arbiter” unico.

SE, PRIMA della settimana presidenziale, i riflettori erano, tutti, puntati sulle fratture interne al Partito Democratico, con diversi esponenti pronti a seguire l’esempio di Cofferati, oggi l’attenzione si è spostata completamente sulle fibrillazioni all’interno dei berlusconiani: non è un caso che una quarantina di grandi elettori (Fitto o non Fitto), contravvenendo agli ordini di scuderia che indicavano scheda bianca, abbiano optato per Mattarella. Ora non è più il cerchio magico attorno all’ex Cavaliere a essere preso di mira, ma nell’occhio del ciclone sono i pro-Renzi di Forza Italia, soprattutto Verdini e Gianni Letta.

COMUNQUE, AL DI LÀ dei soccombenti, emerge, prepotente, la figura del “match-winner”: il Presidente del Consiglio. Se, fino a qualche giorno fa, Berlusconi poteva agitare lo spettro dell’addio al Patto del Nazareno per cercare di ottenere qualcosa, in contropartita, dal premier, oggi è Renzi a poter minacciare la fine di quell’incestuoso matrimonio attraverso le elezioni anticipate che, a questo punto, andrebbero certamente a vantaggio del partito di maggioranza, considerando le macerie del centrodestra. Per chi è fuori dal Palazzo, resta, ad ogni modo, qualche dubbio sul nome del trionfatore Mattarella: sarà stato un bravo politico della Prima Repubblica, sarà stato un ancor più bravo giudice costituzionale, ma, in questo momento, dopo il voto greco di domenica scorsa, in tanti avremmo preferito un nome nuovo, magari, considerando la congiuntura, un ottimo economista. Se, a suo tempo, quando non c’era la crisi attuale, venne designato al Colle un ex governatore della Banca d’Italia come Carlo Azeglio Ciampi, perché non convincere uno degli ultimi due inquilini di Via Nazionale (Draghi o Visco) a sfidare la recessione? Toccherà al nuovo Presidente dimostrare che, così come sulla fine della Democrazia Cristiana, ci eravamo sbagliati. C’è subito da registrare un aspetto positivo: archiviata l’elezione e le fibrillazioni annesse che hanno monopolizzato ogni energia della politica, forse si tornerà a parlare di questioni un po’ più importanti per tutti noi