Il pianto greco dell’Italia

C’è un dubbio che mi sta assillando: cosa ha Renzi in più di Mario Monti e di Enrico Letta? Perché l’Unione Europea dovrebbe chiudere un occhio con il sindaco d’Italia dopo avere, invece, sbattuto la porta in faccia a un professore bocconiano, molto di casa a Bruxelles, e al nipote di cotanto zio? Sarebbe piuttosto singolare […]

C’è un dubbio che mi sta assillando: cosa ha Renzi in più di Mario Monti e di Enrico Letta? Perché l’Unione Europea dovrebbe chiudere un occhio con il sindaco d’Italia dopo avere, invece, sbattuto la porta in faccia a un professore bocconiano, molto di casa a Bruxelles, e al nipote di cotanto zio? Sarebbe piuttosto singolare il fatto che i nostri partner usassero due pesi e due misure: prima inflessibilità e dopo buon viso a cattivo gioco, con lo slittamento di un anno del pareggio di bilancio da noi appena deciso. Può essere che Matteo risulti più credibile dei suoi predecessori ai colleghi europei, in particolare alla Merkel, ma non credo che, in questo caso, semprechè ci sarà il tacito imprimatur, si tratti di una benevola magnanimità della Cancelliera di ferro.

Il problema è che siamo alla frutta: o la nave tricolore va, puntando alla crescita economica a prescindere dai parametri del debito, o rischiamo di tirare a fondo altri con noi. Toccando ferro, e con le giuste proporzioni, torna in mente cosa successe alla Grecia sull’orlo del crac: quando l’Europa s’accorse della situazione fallimentare di Atene, vennero, all’improvviso, allargati i cordoni della borsa. Non vorrei che, per intenerire gli altri membri dell’Unione, anche gli italiani debbano sciogliersi in un pianto greco per salvarsi.

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net