Voglia di morire. Anne Sexton

VEDI I VIDEO “Wanting to Die” letta da Anne Sexton,  “Al mio amante che torna da sua moglie” , Breve profilo , “Notte stellata”  , “Il muschio della sua pelle” Firenze, 6 ottobre 2019 – Ricordando che ieri l’altro ricorreva l’anniversario della scomparsa di Anne Sexton, scrittrice e poetessa statunitense morta suicida a Weston, nel Massachussets, il 4 ottobre 1974. Anne Sexton – […]

VEDI I VIDEO “Wanting to Die” letta da Anne Sexton“Al mio amante che torna da sua moglie”Breve profilo “Notte stellata”  , “Il muschio della sua pelle”

Firenze, 6 ottobre 2019 – Ricordando che ieri l’altro ricorreva l’anniversario della scomparsa di Anne Sexton, scrittrice e poetessa statunitense morta suicida a Weston, nel Massachussets, il 4 ottobre 1974Anne Sexton – Premio Puylitzer 1967 – era nata nel 1928 a Newton, nei pressi di Boston, e all’anagrafe il suo vero nome era Anne Gray Harvey.

“Bella e dannata, sexy e infantile, sposata e sciupamaschi, indifesa ed esibizionista, plurisuicida con un incrollabile senso dell’umorismo, autodidatta e docente universitaria, atea e religiosa…”Così la definisce Rosaria Lo Russo, curatrice e traduttrice per la casa editrice Le Lettere dei suoi testi de, tra i quali ricordiamo “Il libro della follia”, “Taccuino della morte”, “Con pietà per gli avidi”, “Carte di Gesù”, “Angeli delle storie di sesso” e “Il tremendo remare”.

Controcorrente, sempre disobbediente, il 4 ottobre del 1974 Anne si toglie la vita, inalando monosiddo di carbonio nel garage della sua abitazione. Una voce della poesia americana del secondo Novecento molto originale e molto forte, assolutamente da conoscere!

Marco  Marchi

Desiderando la morte

Adesso che lo chiedi, la maggior parte dei giorni non me ne ricordo.

Cammino, vestita, senza portare sfregi di quel viaggio.

Poi, ecco che la quasi innominabile lascivia ritorna.

Persino in quei momenti, non ho niente contro la vita.

Conosco bene i fili d’erba di cui parli,

il mobile che hai esposto al sole.

Ma i suicidi hanno una lingua speciale.

Come i falegnami, vogliono sapere quali attrezzi.

Non chiedono mai perché costruirli.

In due occasioni mi sono dichiarata, con semplicità,

ho posseduto il nemico, l’ho ingoiato

ho rubato la sua arte e la magia.

Poi, pesante e pensierosa,

più calda dell’olio o dell’acqua,

ho riposato, un filo di saliva che usciva dalla bocca.

Non pensavo al mio corpo sotto la punta dell’ago.

Persino la cornea, l’urina rimasta, era tutto finito.

I suicidi hanno tradito il corpo.

I neonati partoriti senza vita non sempre muoiono,

ma, stupefatti, non possono dimenticare una droga tanto dolce

che persino i bambini fisserebbero con un sorriso.

Ficcare tutta quella vita sotto la lingua! –

Quello, da solo, si trasforma in passione.

La morte è un osso triste e ammaccato, si direbbe,

eppure lei mi aspetta, anno dopo anno

per cancellare dolcemente la vecchia ferita,

liberare il mio fiato dalla sua dura prigione.

Là, in equilibrio, i morti suicidi a volte si incontrano,

si accaniscono contro il frutto gonfio della luna,

abbandonato il pane che confusero per un bacio,

abbandonati la pagina del libro dimenticato aperto,

la cosa lasciata non detta, il telefono slacciato

e l’amore, qualsiasi cosa fosse, un contagio.

(traduzione Daniela Raimondi)

Wanting to Die

Since you ask, most days I cannot remember.

I walk in my clothing, unmarked by that voyage.

Then the almost unnameable lust returns.

Even then I have nothing against life.

I know well the grass blades you mention,

the furniture you have placed under the sun.

But suicides have a special language.

Like carpenters they want to know which tools.

They never ask why build.

Twice I have so simply declared myself,

have possessed the enemy, eaten the enemy,

have taken on his craft, his magic.

In this way, heavy and thoughtful,

warmer than oil or water,

I have rested, drooling at the mouth-hole.

I did not think of my body at needle point.

Even the cornea and the leftover urine were gone.

Suicides have already betrayed the body.

Still-born, they don’t always die,

but dazzled, they can’t forget a drug so sweet

that even children would look on and smile.

To thrust all that life under your tongue!—

that, all by itself, becomes a passion.

Death’s a sad bone; bruised, you’d say,

and yet she waits for me, year after year,

to so delicately undo an old wound,

to empty my breath from its bad prison.

Balanced there, suicides sometimes meet,

raging at the fruit a pumped-up moon,

leaving the bread they mistook for a kiss,

leaving the page of the book carelessly open,

something unsaid, the phone off the hook

and the love whatever it was, an infection.

Anne Sexton

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