Roversi e le piramidi di fuoco

VEDI I VIDEO “Scomparvero nelle piramidi di fuoco” letta da Roberto Roversi ,  Da “Dopo Campoformio”, videopoesia , Intervista a Roversi , Roversi secondo Lucio Dalla , “Nuvolari” Firenze, 28 gennaio 2018 – Ricordando che oggi ricorre l’anniversarrio della nascita di Roberto Roversi (Bologna, 28 gennaio 1923). Scomparvero nelle piramidi di fuoco Scomparvero nelle piramidi di […]

VEDI I VIDEO “Scomparvero nelle piramidi di fuoco” letta da Roberto Roversi ,  Da “Dopo Campoformio”, videopoesia , Intervista a Roversi , Roversi secondo Lucio Dalla , “Nuvolari”

Firenze, 28 gennaio 2018 Ricordando che oggi ricorre l’anniversarrio della nascita di Roberto Roversi (Bologna, 28 gennaio 1923).

Scomparvero nelle piramidi di fuoco

Scomparvero nelle piramidi di fuoco.

Quel tempo sporcò di melma le mani

dei sopravvissuti, dai gelidi cancelli

precipitarono ancora ancora

le mandrie nei macelli –

belare straziava la lama dei coltelli

in mano ai giovani carnefici.

Non è questo che voglio: ricordare.

No ritornare a quei lontani

anni, a quei tempi lontani.

I cani erano più felici degli uomini.

I miei versi sono fogli gettati

sopra la terra dei morti.

È oggi che dobbiamo contrastare.

Allora le greggi si sparpagliavano

picchiate dalle verghe nemiche

(e i libri superstiti

le lacrime esauste

i codici che restavano

“oggi 13 aprile sono morti 800

oggi 30 giugno via Polkiava è sbarrata

oggi 5 luglio il ghetto è solo un muro”)

un uomo era nel profondo interrato

vano della terra, nel suo immondo

silenzio, fra corpi nudi di morti.

Chi tradiva, chi smagriva, chi pativa,

chi sapeva aspettare, chi impazziva

all’improvviso e dava il lacero grido di sirena

(era la fine di un mondo).

Le ombre dei morti di Norimberga

scheletri feroci

azzannavano i diavoli sconfitti

uscenti a gorghi da fiamme.

Oggi sono rimasti in pochi a contrastare.

I reduci invecchiati

lacrimano in silenzio all’angolo

della tavola, asciugano le palpebre anche le madri

col figlio giovane alla parete.

I ragazzi hanno vent’anni d’età.

Il loro riso è tremendo, furibondo

più della iena tedesca, più duro

a sopportare di un supplizio politico.

Non dànno nulla, non vogliono

nulla sapere né altro intendere; sta

la loro splendida forza disarmata

e dolente come il sasso in un prato.

Non riconoscono debiti, non vogliono

neppure conoscere la tristezza dei vecchi

– né la voce, sola voce, voce di notte

che dice di passate miserie, che affonda

fra le pietre di tombe

“oh voi prefiche rauche” (gli ridono)

incombe la loro voce insulsa stridula,

è una cagna urlante nel vicolo,

e con le mani di viola devastano il silenzio

già distrutto nel cuore anche per noi.

Restiamo imprigionati contro il muro.

Nessun altro corpo è stato più colpito

del petto di un ebreo.

Roberto Roversi

(da Dopo Campoformio)